A Palermo un omicidio assurdo
Una sentenza iniqua, senza prove di Brunetto Fantauzzi (dalla redazione romana) C’è un APPELLO presso la corte di appello di…
Una sentenza iniqua, senza prove
di Brunetto Fantauzzi (dalla redazione romana)
C’è un APPELLO presso la corte di appello di PALERM0 che appassiona il pubblico. lo ha proposto l’Avv. Cinzia Pecoraro palermitana, difensore di fiducia di CELESTRE Leonardo, nato a Partinico (Pa) il 25 giugno 1967, attualmente sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, presso la Casa Circondariale di Palermo, condannato alla pena di anni 30 di reclusione.
La Pecoraro sta cercando di smontare le accuse contro il suo assistito sostenendo che l’impianto accusatorio si basa soprattutto sulla gelosia del Celestre nei confronti della moglie Tognetti Cinzia che aveva una relazione extraconiugale con il Bifara Nicolò. Secondo detto provvedimento queste affermazioni trarrebbero la riapertura parziale del dibattimento acquisendo le sommarie informazioni rese al difensore da tutti i testi indicati in parte motiva, in subordine disporre l’audizione la riforma della sentenza impugnata assolvendo l’imputato per non aver commesso o in subordine ai sensi dell’art. 530 comma 2 c.p.p e in subordine (previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e previa esclusione delle aggravanti contestate), ancorare la pena ai minimi edittali.
L’avvocato Pecoraro dopo aver dimostrato le incongruenze, le contraddizioni dell’impianto accusatorio e la inattendibilità dei testi chiede che la riapertura parziale del dibattimento acquisendo le sommarie informazioni rese al difensore da tutti i testi indicati in parte motiva, in subordine disporre l’audizione degli stessi.
In quanto l‘ulteriore elemento a fondamento dell’aggravante della premeditazione è stato desunto dall’intera sequenza degli accadimenti antecedenti al 28 luglio. A tal proposito, giova evidenziare che, diversamente dal convincimento del giudicante, l’unione e la valorizzazione di tali fatti porta a concludere l’assenza di qualsivoglia premeditazione.
Si rende necessario, a tal uopo, sottolineare come in tema di circostanze attenuanti generiche, che consentono un adeguamento della sanzione alle peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto, la meritevolezza di detto adeguamento non possa mai essere data per scontata o per presunta,avendo il giudice l’obbligo, ove ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo l’insussistenza e, quando ne affermi l’esistenza, di dare apposita motivazione per fare emergere gli elementi atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio ( Cass., sez. II, 2 dicembre 2008, n. 2769 ).
Ed ancora le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere la possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicchè il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo” (Corte Costituzionale sent. n. 183 del 10.6.2011). Nel caso che ci impegna il giudice ha avuto degli elementi di fatto, sia nella vicenda processuale che sostanziale, che hanno indicato come si trattasse di soggetto incensurato ed assolutamente alle prime armi. Sull’artigianalità ed episodicità della vicenda non possono esservi dubbi. Il soggetto si è rivelato alle prime armi e non avvezzo ad attività del tipo contestatogli.
“Il problema della sussistenza o meno delle circostanze attenuanti generiche è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle ragioni preponderanti della propria decisione, purchè non contraddittoria e congruamente motivata (Cass. Sez. VI n.42688 del 24.09.2008)”.
Così di volta in volta la giurisprudenza valuta, come elementi negativi, la professionalità nella conduzione del reato, il rilascio di dichiarazioni modeste, parziali, incoerenti e gravemente reticenti, i precedenti specifici, lo sfruttamento della vittima, (Cass. 11732/2012). da ultimo la Suprema Corte a Sezioni Unite (Sent. 36258/2012, già Cass. n.35258 del 24.5.2012) ha però stabilito che ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il pieno esercizio del diritto di difesa, se faculta l’imputato al silenzio e persino alla menzogna, non lo autorizza, per ciò solo a tenere comportamenti processualmente obliqui e fuorvianti in violazione del fondamentale principio di lealtà processuale la cui violazione è indubbiamente valutabile dal parte nel giudice”. Nulla di tutto ciò per il Celestre, che fin dall’immediatezza dai fatti ha risposto alle domande dando una sua versione dei fatti. Nel caso di specie, quindi, il giudice di prime cure non ha adeguatamente motivato il diniego delle dette circostanze attenuanti.
Quanto affermato in proposito nel corpo della sentenza oggi impugnata, non solo è assolutamente lacunoso ma non è rispondente alla realtà dei fatti. “Non rileva in tal senso l’ammissione dei fatti resa dall’imputato stretto di fronte all’evidenza degli elementi probatori a suo carico, ai quali nulla ha aggiunto”. L’odierno impugnante, invece a parere della difesa, ha cercato di dare la sua versione dei fatti aiutando per quel che poteva gli inquirenti per la ricostruzione dei fatti.
“Nella determinazione della sanzione ben possono essere presi in esame uno o alcuni soltanto degli elementi indicati dall’art. 133 c.p. purchè della scelta si dia adeguatamente conto in motivazione”
Chiede in definitiva la riforma della sentenza impugnata assolvendo l’imputato per non aver commesso o in subordine ai sensi dell’art. 530 comma 2 c.p.p e in subordine (previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e previa esclusione delle aggravanti contestate) ancorare la pena ai minimi edittali.
Comments