Alemanno è innocente! Lo afferma la sentenza della Cassazione
L’assoluzione di Alemanno conferma la necessità di una profonda revisione del processo all’italiana. Parità tra accusa e difesa. Separazione delle carriere in magistratura. Referendum da vincere a tutti i costi nell’interesse dei cittadini italiani.
L’editoriale di Riccardo Colao
Se è vero che le sentenze non si commentano ma si ascoltano è altrettanto vero che non avevamo mai creduto a quelle precedenti dove l’ex sindaco on. Alemanno era stato condannato con motivazioni che si reggevano in piedi su un solo presupposto: quello dell’ideologia politica contraria ai principi dell’uomo politico, il cui progetto esistenziale è stato stravolto da una logica inquisitoria e non probatoria senza confini.
La notizia è ufficiale: Gianni Alemanno non era colpevole e non lo è mai stato per i reati contestatigli. Ora sorge una domanda: chi ripagherà del danno d’immagine da lui subito?
Risposta: nessuno. Perché quando l’accusa vince si conosce benissimo i nomi dei vincitori ma quando l’accusa perde quei nomi spariscono e non se ne conosce più alcun riferimento.
La Corte di Cassazione assolvendo l’ex sindaco di Roma dall’accusa di corruzione, nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta Mondo di mezzo ha ristabilito la verità bocciando la tesi accusatoria che voleva un Alemanno complice di Mafia Capitale. Ma il calvario non finirà qui: istruiranno un nuovo processo d’appello, per quanto riguarda l’accusa di traffico di influenze illecite, e quindi la saga continuerà ancora chissà per quanto altro tempo, tenendolo sulla graticola per chissà quante altre udienze che graveranno come sempre sull’erario…
La pubblica accusa aveva persino richiesto di confermare i 6 anni di detenzione che i giudici della VI sezione penale della Suprema Corte hanno definitivamente cassato.
Alemanno era stato condannato in primo grado nel febbraio 2019 a sei anni, sentenza confermata anche in appello lo scorso 23 ottobre e ora nel terzo grado di giudizio l’esito è stato completamente ribaltato.
Alemanno, era presente in aula, ed ha avuto coraggio per commentare la sentenza: “La fine di un incubo durato sette anni, e che obiettivamente poteva essere evitato. Mi sono ritrovato prima mafioso e poi corrotto, adesso rimane un piccolo traffico di influenze che sarà la Corte di appello a giudicare”.
“Questa sentenza – ha aggiunto – ridimensioni questa vicenda: non c’è più corruzione, non c’è più quel fango che mi era stato tirato addosso”.
Tutto giusto e perfetto. Ma una domanda continua a martellare l’opinione pubblica rappresentata dagli italiani che credono nella Giustizia e, soprattutto, che confidano in quella parte di Magistratura non politicizzata e nemmeno schiava del gioco delle correnti così ben descritto dall’ex giudice Palamara: chi pagherà un solo penny per le pene patite da un uomo a cui è stata restituita la credibilità politica personale e umana?
Appare ormai evidente come sia necessaria una revisione totale del sistema giudiziario. Deve esserci una netta separazione delle carriere… Chi giudica deve farlo sulla base di elementi raccolti dalle parti (accusa e difesa) in un contraddittorio e tale dibattito deve svolgersi alla pari. Anche la professionalità degli avvocati va tutelata e quanto meno elevata sullo stesso gradino dei rappresentanti dell’accusa che non possono essere più colleghi dei giudici in quanto personalità giudicante, ma “procuratori della pubblica accusa”. Vestire la toga per giudicare ha un altro significato che risale ai tempi di Salomone…
L’Italia deve produrre questo sforzo e gli italiani hanno l’obbligo di partecipare ai prossimi referendum. Già una volta, dopo il caso Tortora, venne approvata dal Popolo d’Italia, lo stesso Popolo in nome del quale la Giustizia emette le sue sentenze, la responsabilità civile dei magistrati. Poi la gattopardesca azione del Palazzo anestetizzò ogni mutamento. E come sempre non è cambiato nulla, Sono troppi gli errori e davanti agli occhi della pubblica opinione, la non perfezione del sistema giudiziario della nostra Repubblica grida e allarma come non sia più possibile attendere. Viste le cose non c’é nessun cittadino che non possa ritenersi “al di sopra di ogni sospetto e a piede libero ma in libertà provvisoria”. Se non ora quando cambieranno le cose? Impegnarsi per vincere il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati è una azione nobile e doverosa per chiunque aspiri a vivere in una Italia migliore!
Riccardo Colao
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