Thursday, April 18, 2024
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Bergamo Jazz: grande successo per la 44esima edizione che nel passo d’addio di Maria Pia De Vito si esalta nella sua illuminata direzione artistica

di Vittorio Pio per il Quotidiano l’Italiano BERGAMO – Ancora un grande successo per la 44esima edizione di Bergamo Jazz,…


di Vittorio Pio per il Quotidiano l’Italiano

BERGAMO – Ancora un grande successo per la 44esima edizione di Bergamo Jazz, che nel passo d’addio di Maria Pia De Vito in relazione alla sua illuminata direzione artistica, ne rafforza l’identità con una programmazione coraggiosa e senza compromessi, per tutto l’arco di un mandato che ha sofferto anche degli stravolgimenti legati alla pandemia.

Un pubblico attento e quanto mai entusiasta, ha potuto così ammirare dal vivo alcuni dei principali protagonisti del Jazz contemporaneo, del tutto slegati rispetto a certi circuiti più convenzionali o presentati in anteprima nazionale, com’è stato quest’anno il caso del pianista brasiliano Amaro Freitas, un ragazzone nordestino che nella cornice intima del teatro S.Andrea, ha presentato alcuni brani tratti dal suo ultimo album intitolato “Sankofa” – una ricerca spirituale nelle storie dimenticate, filosofie antiche e figure ispiratrici del suo complesso per quanto avvincente paese di nascita. Un recital vigoroso, in cui hanno trovato posto anche degli evocativi brani legati a John Coltrane e una carezzevole per quanto sorprendente versione di “Era De Maggio”, a confermare il profondo legame che lega Napoli ai suoi antipodi tropicali. Il festival poi è entrato nel vivo nella poetica location del Teatro Sociale in città alta, grazie al trio MixMonk composto da Robin Verheyen e Bram de Looze, due giovani musicisti belgi dal talento acclarato, che fanno team da qualche tempo con il sempre prodigioso Joey Baron, per completare un disegno che evidenzia il lato più melodico dell’eredità ascrivibile al grande pianista e compositore, in palpitante equilibrio fra la strada maestra nella quale sono ben evidenti le spigolosità del paradigma monkiano ed alcune variazioni improvvisate di nobile solismo ed inventiva. Verhayen è un sassofonista dalla sonorità pastosa, de Looze un pianista di pregnante impronta colta, Baron il consueto mattatore poliritmico.

Questo nonostante una dotazione di base ridotta all’osso; un vero fenomeno con zero effetti speciali al seguito. Rappresenta sempre un grande piacere poterlo ammirare. A loro è seguita l’esibizione della Panorchestra, una co-produzione con la Fondazione Teatro Grande della città di Brescia, che insieme alla stessa Bergamo condivide la nomina di capitale della Cultura per il 2023, che ospitava l’irregolare trombettista Jonathan Finlayson.

Un ottimo ensamble coordinato dal padrone di casa Tino Tracanna (sax tenore e soprano), insieme a Massimiliano Milesi (sax tenore), Gianluca Zanello (sax contralto), Federico Calcagno (clarinetti), Paolo Malacarne (tromba), Andrea Andreoli (trombone), ben amalgamati a una robusta sezione ritmica in cui il pianista Alfonso Santimone ha curato tutti gli arrangiamenti e completata da Giulio Corini (contrabbasso) e Filippo Sala (batteria): la formazione si è mossa con compattezza e personalità, sia nel lavoro d’insieme che nei soli. La scrittura di Santimone ha illuminato la scena, coniugando il sentimento e la professionalità dei musicisti coinvolti. Finezza di tratto e lucidità esecutiva sono state le caratteristiche alla base del rendez vous fra David Linx (voce) e Leonardo Montana (pianoforte), presso l’auditorium di Piazza della Libertà. Si è trattato di un duetto autentico fra un cantante di rara maestria, ancora al top delle sue possibilità espressive e un pianista raffinato, in un rapporto talvolta liederistico, capace di schiudere una vena malinconica e sognante.

Le stesse caratteristiche con l’aggiunta di una quanto mai gradevole extra-dose di meditazione e naturalezza anche nell’incontro fra Rita Marcotulli e Paolo Fresu, due poeti della sottrazione, che hanno ribadito la morbidezza e la rotondità di suono che ne caratterizza l’estetica: siamo al cospetto di personalità sincere e fantasiose, che continuano ad esplorare con quasi ascetica determinazione ogni possibile sfaccettatura del loro ricco mondo interiore, dove leggerezza e lirismo si legano ad un’indagine rigorosa,  in cui anche l’uso misurato dell’elettronica alimenta il dialogo intenso delle parti, tanto raffinato quanto emotivamente sorprendente, per la logica interna che lo sorregge. A loro, sempre nella maestosa cornice del Donizetti, è seguito un set abbastanza atipico di Cecile McLorin Salvant, una cantante che potrebbe essere la più grande interprete di jazz contemporaneo ortodosso se non fosse che la circostanza le interessa pochissimo. Invece che battere sentieri conosciuti, la cantante americana di origine francese illumina ogni nota che canta in assoluta libertà per scavarne tutta la fiamma interiore: immarcabile e ben assecondata da un manipolo di eccellenti improvvisatori (Glenn Zaleski piano, Marvin Sewell chitarre, Yasushi Nakamura, contrabbasso e Keita Ogawa alla batteria e percussioni), con cui si intende al volo.

La grande lezione di Sarah Vaughan ed Ella Fitzgerald ha in lei una degna erede, seppur alimentata da un volo dalle imprevedibili per quanto magnetiche spirali. Ottime notizie anche dal trio Oliphantre, che la cantante francese Leïla Martial condivide assieme a Francesco Diodati (chitarra) e Stefano Tamborrino (batteria). E’ una musica che coglie nel segno, aumentando dal vivo il fascino dell’album pubblicato dalla sempre avanguardistica Auand di Marco Valente. Temi estremamente perigliosi, caratterizzati da una scansione ritmica travolgente, sui quali il duttile strumento della Martial imprime ulteriori sollecitazioni, mescolando generi e stili, ben amalgamati con le soluzioni proposte da Tamborrino e Diodati, mimetici e complementari nei loro tellurici estremismi strumentali. In serata è toccato ad un altrettanto energico set della carismatica sassofonista newyorkese Lakecia Benjamin, capace di esaltare la folla senza neanche suonare una nota, come si è visto dalla sua semplice presa del palco con tanto di giacca e scarpe di pelle color oro, pantaloni rosso lucido ed enormi occhiali da sole con il pollice alzato in senso di   ammiccante trionfo. In un contesto immediatamente favorevole, la musicista ha sviluppato le sue varianti dedicate a John & Alice Coltrane, spesso ludicamente o argutamente esuberanti, in cui si sono ritagliati uno spazio importante il pianista Zaccai Curtis ed il fantastico batterista E.J. Strickland, quasi sempre sugli scudi.  Un irresistibile slancio celebrativo che ha coinvolto anche la De Vito, cui è stato dedicato in forma diretta un eloquente “Make some noise for the women who do great things! ”, piazzato in mezzo ad un set fluido, certamente dinamico e disinvolto, a tratti persino lievemente intimidatorio. Sensazionale il successivo tributo ad Alice Coltrane da parte di Hamid Drake, fra i grandi protagonisti del jazz contemporaneo: è noto che l’incontro in adolescenza fra il batterista in erba ed il misticismo di Alice rappresentò un segno indelebile per l’intera evoluzione della sua carriera. In questa occasione il nucleo centrale del progetto, che ha avuto il suo battesimo nello scorso autunno in Francia, godeva dell’aggiunta di Shabaka Hutchings, ex-giovane promessa, ora nome di riferimento della sempre fertile scena inglese, oltre alla sinuosa vocalist-ballerina Ndoho Ange. Insieme al  fedele Jan Bang all’elettronica, Jamie Saft alle tastiere, Pasquale Mirra al vibrafono e Joshua Abrams al contrabbasso, Drake ha confezionato un set dal ritmo elastico ed interamente riflesso nell’interazione del collettivo, di cui Saft è stato l’altro mattatore. In linea con la lezione coltraniana, si è ascoltata una musica piena di colori e ricca di suggestioni, non solo nei suoni, sospesi in una varietà di umori e profumi, ma anche nei ieratici racconti verbali dello stesso percussionista, abbinati al fascino gestuale della Ange e nella forte storicizzazione del contesto. Un brillante piano solo di Django Bates che ha ospitato nel finale la De Vito per una rilettura di Horses In the Rain, (condivisa nel passato dal musicista inglese con la cantante Sidsel Endresen), resa secondo un ellittica delicatezza, ha chiuso il sipario di questa edizione unito  a dei set senza troppi sussulti ma formalmente ineccepibili di Richard Galliano (che tornava a Bergamo dopo un’assenza decennale), e Richard Bona, alla guida di due trii dalle mirate effervescenze dinamiche, estremamente apprezzate da un pubblico caloroso e partecipe. E se Joe Lovano è il nuovo direttore artistico per il prossimo triennio, come era stato neanche troppo velatamente spoilerato sul programma ufficiale del festival, sono ancora le parole della figura apicale uscente che mettono il sigillo definitivo: Vado via felice-ribadisce la De Vito- dopo un’esperienza di quattro anni davvero incredibili. Dall’incarico nel 2019 con il passaggio di testimone di Dave Douglas, a Bergamo nell’occhio del ciclone della pandemia nel 2020, le raccolte fondi on Line, la prima edizione live nel settembre 2021 con le restrizioni sociali , fino agli ultimi due bellissimi anni di abbraccio del pubblico e presenza massiva , con i teatri e le sale da grandi e piccole complete in ogni ordine di posti . Un grazie personale a tutte le persone che mi hanno fermato per strada e stretto la mano , ringraziandomi per le scelte artistiche . Un grazie alla Fondazione Donizetti , alla impeccabile squadra che c’è dietro la complessità di un festival tentacolare nella sua realizzazione.” Insieme ai concerti da ricordare la commemorazione dell’intellettuale e fotografo Roberto Masotti, prematuramente scomparso e grande amico del Festival, attraverso le sue immagini nel segno della musica, ovvero le sue più grandi passioni.

Vittorio Pio

BERGAMO JAZZ 2023 – Baron_0119©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Bartsch_3192Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Bates_3834©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Bates_3834©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Bona_2022©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – De Vito_4067©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Drake_1115©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Drake_1115©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Fresu-Marcotulli_0323©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Fresu-Marcotulli_0323©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Kinzelman_1283©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Lakecia_0857©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Linx_0181©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – Maria Pia_0160©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023 – PanOrchestra_2307©Rossetti-PHOCUS
Reijseger_1443©Rossetti-PHOCUS
BERGAMO JAZZ 2023
BERGAMO JAZZ 2023 Salvant_0469©Rossetti-PHOCUS

Il servizio fotografico è opera di ©Rossetti-PHOCUS e ci è stato fornito dall’autore dell’articolo

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