Braglia e il rispetto dovuto all’avversario battuto
Il Palermo esce di scena, è vero, ma lo fa a testa alta, anzi altissima, onorando lo sport, sia in…
Il Palermo esce di scena, è vero, ma lo fa a testa alta, anzi altissima, onorando lo sport, sia in campo che fuori. A differenza dell’Avellino e del suo allenatore, che l’hanno messa subito sul piano della rissa, sia a Palermo che in casa loro.
di Benvenuto Caminiti (Corrispondenza da Palermo)
Il Palermo che si ferma al “Partenio-Lombardi” per un solo ma fatale errore (il duo centrale Lancini-Marconi che si lascia sgusciar via, com’avesse le ali ai piedi, Riccardo Maniero) mi procura una rabbia tale che sento ancora, a quasi 24 ore di distanza, torcermi le budella.
Nel calcio, si sa, non sempre vince chi merita: questo succede sia nel calcio d’élite che in quello dei più scalcinati pedatores dei campetti di periferia: il che spiega perché rimane ancora, nonostante tutto, un irrinunciabile “oggetto del desiderio“.
Ieri sera, al triplice fischio dell’arbitro (un gigante … di cartone, tutto fisico e distintivo, che più che dirigerla la partita sembrava volersela guardare in santa pace: due soli ammoniti!) (si chiama Zufferlì e a Catanzaro ne sanno qualcosa dell’arbitraggio di questo signore che l’Associazione Arbitri non ha ancora pensionato n.d.d.) sono rimasto per qualche minuto come pietrificato: sgomento e rabbioso, ad un tempo. Sgomento, perché, dopo una rincorsa durata ben otto partite, tutte ben giocate e vinte, il Palermo, riveduto e corretto da Giacomo Filippi, non doveva fermarsi davanti ad un avversario rognoso sì ma tecnicamente alla sua portata.
Rabbioso perché, quando ho… ripreso i sensi mi è toccato ascoltare le ciance di mister Braglia, che sparava a zero contro il suo collega rosanero, reo, a suo dire, di aver “parlato male di lui”: “Come si permette di criticare il mio lavoro, io che faccio l’allenatore da trentadue anni, lui che invece fino a qualche settimana fa faceva il vice di Boscaglia? Chi si crede di essere? Aveva vinto l’andata senza meritarlo con un rigore che non c’era e oggi si permette di metter bocca sul mio operato!”.
Insomma, una filippica che definire inelegante è poco, ma d’altronde lui stesso la conclude dicendo: “Io sono fatto così, non ho mai chiesto favori a nessuno e se mi attaccano… peggio per loro!”.
Io ho ascoltato attentamente le parole di Filippi, a fine partita e le ho trovate impeccabili, sia sotto il profilo formale che sostanziale. Un’unica battuta ironica nei confronti del collega, questa: “ Il Palermo ha fatto la sua onesta partita, i ragazzi hanno dato tutto e io, a differenza dell’allenatore dell’Avellino, che da domenica sera non fa altro che lamentarsi, non ho nulla da recriminare”.
Ironia a parte, fra l’altro del tutto plausibile, vista la reazione dell’allenatore irpino dopo l’1-0 del “Barbera (Broh, suo ex che vuole salutarlo e lui lo ignora e gazzarra in campo dei suoi giocatori senza che lui faccia alcunché per placare gli animi), Braglia va oltre i limiti nel “contrattacco” (così lui definisce la sua replica).
Finita la bagarre in campo, con l’Avellino che si porta via vittoria e passaggio del turno con un solo tiro nello specchio, oltre al gol, Braglia avrebbe dovuto mostrare più rispetto per l’avversario e non lo ha fatto. Dice. i toscani sono fatti così, sono polemici fino alla litigiosità e non chinano mai la testa. Nemmeno davanti all’evidenza.
La verità è che saper vincere è più difficile che vincere e Braglia, con i suoi sessantasei anni, trentadue dei quali da allenatore, forse ancora non l’ha capito… O, peggio, l’ha capito ma se ne infischia. Così, quando vince, si diverte poi a maltrattare l’avversario, facendola passare per replica ad un attacco ricevuto.
Tutta scena, quella di Braglia, prima, durante e dopo il doppio incontro di play off col Palermo ( e con Filippi), spettacolo offerto in pasto ai tifosi irpini che, per come li conosco per plurime esperienze dirette e personali, non hanno bisogno di performances di questo livello per esprimere il loro viscerale attaccamento ai “lupi d’irpinia”.
Ieri, partita ufficialmente a porte chiuse, il Partenio-Lombardi per tutti i novanta minuti risuonava di canti e cori come se gli spalti fossero stracolmi
Il Palermo esce di scena, è vero, ma lo fa a testa alta, anzi altissima, onorando lo sport, sia in campo che fuori. A differenza dell’Avellino e del suo allenatore, che l’hanno messa subito sul piano della rissa, sia a Palermo che in casa loro.
Ma hanno vinto, ed è, questa, l’unica cosa che conta.
Come diceva il grande Boniperti che, però, si riferiva alla Juve e a un calcio che era spettacolo, che era lo Sport (con la esse maiuscola, non è un refuso) più bello del mondo e lo stadio era il lungo ideale per stare insieme e insieme tifare, condividere nel bene e nel male le sorti della squadra del cuore.
Benvenuto Caminiti
N.D.D. Carissimo Benvenuto, ho potuto assistere a entrambi i match di play off tra Palermo e Avellino e devo riconoscere che i rosanero hanno vinto ai punti questi incontri. Conta poco. Nel calcio vince chi produce gol e risultati ma proprio per tale ragione l’esclusione del Palermo mi indigna. Il regolamento di questi play off è una “cagata pazzesca”… Non dovrebbero essrrci favoritismi di piazzamento: per passare il turno una squadra dovrebbe sovrastare l’altra, foss’anche ai rigori, dopo i supplementari.
Il Palermo esce a testa altissima perché ha vinto una gara e ne ha persa un’altra con lo stesso risultato. Ma l”Avellino era piazzato al 3° posto e il Palermo al 7°. Solo ciò ha favorito l’esclusione delle aquile dal prossimo turno nazionale.
In merito a Braglia che dire? Da giocatore era un fenomeno. Come allenatore più che Braglia… a volte raglia!
Un saluto a tutti i lettori tifosi palermitani!
(Riccardo Colao)
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