Gobetti, Meloni, Cacciari e il 25 Aprile Festa della Liberazione
Massimo Cacciari: ““da un punto di vista culturale e storico non serve a nulla, non esiste alcun pericolo fascista”.
E prosegue: ”Chi è veramente fascista oggi è un povero scemo fuori dalla realtà, chi dà senso a quella parola è semplicemente fuori dal mondo. Magari qualcuno c’è, ma sono pochi; e di sicuro non Meloni.” Ancora: ”Antifascismo è diventata una parola vuota da quando non è più declinata o incarnata in dei progetti: è come dire che bisogna essere sempre onesti, o che la mamma è buona! Sono Concetti generici.”
L’Opinione di Francesco Chiucchiurlotto – dalla Redazione Politica per il Quotidiano l’Italiano

VITERBO – Il caso Scurati è un esempio da manuale di una toppa peggiore del buco: i ligi censori che volevano evitare i rilievi dello scrittore all’idiosincrasia, cioè insofferenza ed avversione, della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni verso il vocabolo “antifascismo”, ne hanno amplificato a dismisura l’effetto sino a farne un caso nazionale, in vista poi del 25 aprile.
In effetti Meloni è stata sinora abilissima a non attribuirsene il convincimento, lasciando per esempio a Francesco Lollobrigida la recente spiegazione che il termine de quo è ostico alla destra perché foriero di violenza e motivo di assassinii e nefandezze.
Se vogliamo già Piero Gobetti, genio italiano scomparso a 25 anni, anche per il pestaggio subito dai fascisti, aveva acutamente classificato il fascismo come “biografia di una nazione”, rilevando che proprio dalle nostre caratteristiche nazionali più profonde ne era nata l’invenzione sviluppata e applicata da Mussolini, come di recente sia Umberto Eco che Luciano Canfora hanno da par loro ribadito.
Ma vogliamo una buona volta riflettere sul perché Giorgia Meloni glissa, elude, si spertica a non voler definirsi “antifascista”, pur condannando i tanti crimini, le porcherie razziali, le azioni cruente del regime, ma dal ’38 in poi?
Ci soccorre Massimo Cacciari quando l’altro ieri affermava che il monologo “da un punto di vista culturale e storico non serve a nulla, non esiste alcun pericolo fascista”.
E prosegue: ”Chi è veramente fascista oggi è un povero scemo fuori dalla realtà, chi dà senso a quella parola è semplicemente fuori dal mondo. Magari qualcuno c’è, ma sono pochi; e di sicuro non Meloni.”
Ancora: ”Antifascismo è diventata una parola vuota da quando non è più declinata o incarnata in dei progetti: è come dire che bisogna essere sempre onesti, o che la mamma è buona! Sono Concetti generici.”
L’intervista affronta poi l’inadeguatezza della scuola su questi argomenti e la mancanza di una opposizione politica degna di questo nome.
Ecco che gli spunti di riflessione indotti da Cacciari su un fronte conformisticamente “antifascista” dovrebbero servire alla politica di sinistra a capire che il terreno decisivo non è quello del confronto morale, come per anni si è tentato di fare con Berlusconi, il suo BUNGA BUNGA, le Olgettine e le sue spregiudicate vicende imprenditoriali, ma tanto meno quello del confronto culturale e storico sull’”antifascismo”.
Il confronto politico è decisivo, ed è fatto di tanti elementi, fattori, interessi, che attengono alla vita quotidiana dei cittadini, e se la metà di essi non va più a votare vuol pur dire che i suoi contenuti non fregano più di tanto, e che la scaltra Meloni continua a distrarci con le sue mancate petizioni di principio, glissando su una conduzione di governo che continua ad aumentare il debito pubblico, incasina il PNRR, non risolve neanche uno dei problemi atavici della ”Nazione”, ecc…
Naturalmente BUON 25 APRILE a tutti !, per non dimenticare mai quando abbiamo riconquistato, grazie alla Resistenza ed ai suoi 30.000 morti, al netto delle stragi e dei massacri nazi-fascisti, la nostra libertà e la nostra democrazia, che forse stiamo oltremodo bistrattando !!
Francesco Chiucchiurlotto *
*Francesco Chiucchiurlotto, laureato in Giurisprudenza. È stato Sindaco del Comune di Castiglione in Teverina (Viterbo) – Consigliere Nazionale dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia A.N.C.I.

Il 25 aprile 1945 è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani (presenti, tra gli altri, il presidente designato Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marazza) – proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia, facenti parte del Corpo volontari della libertà, di attaccare i presìdi fascisti e tedeschi, imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. Parallelamente il CLNAI emanò alcuni decreti: uno relativo all’assunzione di poteri da parte del CLNAI, «delegato dal solo Governo legale italiano, in nome del popolo italiano e dei Volontari della Libertà»; un altro relativo all’amministrazione della giustizia, che all’articolo 5 stabiliva la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti


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