Habemus Mattarella, ite electionem est
Archiviata la nomina del Presidente di quella che è e rimane la “prima” Repubblica, ci si augura che si trovi il tempo e la volontà per modificare la Costituzione. Se quasi ottant’anni trascorsi, dalla nascita della Repubblica, sembran pochi, la nomina di Mattarella ci auguriamo possa restare l’ultima con le attuali regole. E’ necessario garantire ad ogni italiano la partecipazione democratica per questo aspetto irrisolto nella Costituzione. Sarà anche la più bella d’Europa o del Mondo, ma ha bisogno di restauri, di essere rinnovata, di essere adeguata alle nuove esigenze! Forte, incisivo, determinato e trasversale deve affluire l’impegno di chi avvertendo la necessità che l’Italia si doti di nuove regole, operi perché si determini il cambiamento. Costituzionalmente è alla “figura” virtuale ma sostanziale del “Popolo” che leggi e sentenze sono poi promulgate ed emesse “in suo nome”, ed è triste che sia il popolo intero, ogni singolo cittadino che è parte di questo insieme, ad essere escluso da uno degli aspetti più importanti della vita democratica. Il vero presidente di tutti gli italiani non può e non deve più essere l’espressione dei pochi eletti. Pur mantenendo le prerogative spettanti al Parlamento i tempi sono maturi per una nuova Repubblica di stampo presidenziale.
di Riccardo Colao (direttore del Quotidiano l’Italiano)

ROMA – CAMERA DEI DEPUTATI – Sul settimo colle fatale di Roma, quello del Quirinale, all’ottava votazione è risultato eletto per la seconda volta il presidente Mattarella. Cioè quell’inquilino che già aveva vissuto per un settennato nell’ex palazzo dei papi e che ora, salvo, patti contrari, potrà continuare legittimamente a farlo per altri sette anni!
Lui, che a principiare dallo start del semestre bianco e ancor prima dell’appuntamento elettorale si era detto non disponibile a rivestire nuovamente il ruolo presidenziale e aveva preparato valigie e scatoloni per l’esodo… ha dovuto disdire il trasloco e rinunciare a trasferirsi in una nuova residenza già bella e pronta. .
I voti per la sua riconferma sono aumentati, in due tornate, da 336 a 387 e nessuno si è mai sognato di affermare che la sua candidatura (com’é accaduto per la Casellati, presidente del Senato, che ne aveva raccolti 385) potesse essere “bruciata”. Anzi quelle cifre sono state decisive a procedere per raggiungere la maggioranza dei voti previsti per il successo.
Il primo a calarsi le braghe, distrutto per la fatica di Sisifo, con cui proponeva candidature a raffica è stato Matteo Salvini che dopo essersi sputtanato nell’estate della rottura del governo “giallo-verde” ha evidenziato quanto sia poco credibile la personale statura politica sfasciando l’unità del centrodestra. Giocando a “rubamazzo” con l’altro Babbeo, Renzi, ha piroettato sino al punto da mescolare i suoi buoni propositi, come usa nei cocktail al Papete, fino a far uscire dal cilindro – a sorpresa – la soluzione del Mattarella bis…
A mezzogiorno del 28 gennaio Salvini aveva sentenziato: “Basta altri giorni di confusione. Io ho la coscienza a posto, ho fatto numerose proposte tutte di alto livello bocciate dalla sinistra. Riconfermiamo il presidente Mattarella al Quirinale e Draghi al governo“.
Fin qui nulla di male se non che la proposta fosse ciò che auspicava la Sinistra e le sue parole hanno ovviamente provocato l’ira funesta di Giorgia Meloni: “Se Salvini propone il bis di Mattarella? Cosa a cui non credo, allora bisognerà rifondare il centrodestra da capo“. Salvini, allo squillo delle trombe meloniane, non ha tardato a suonare le sue campane: “Arriverà la nostra proposta, chi vive di nostalgia non lo farà con noi“.
Se a qualcuno potrebbe sembrare che sia stato Salvini a determinare la svolta è bene informarlo che il colloquio tenuto da Draghi con Mattarella è stato l’incontro decisivo a persuadere il capo dello stato uscente ad accettare la riconferma. Ottenuto il gradimento (e qui bisognerebbe chiedersi come abbia fatto a convincerlo visto che l’inquilino del Colle aveva deciso graniticamente di non voler più occuparsi del Quirinale), Draghi, ennesimo presidente del Consiglio (non eletto) ha intrattenuto veloci colloqui telefonici con tutti gli altri segretari dei partiti per suscitare il maggior numero dei consensi possibili intorno al “sì” strappato all’uscente Mattarella.
Enrico Letta, capo della tribù dei “dem” che aveva commentato “Occorre tentare tutto il possibile per la quadratura del cerchio” non ci stava più nella pelle intuendo che era riuscito a cavare le castagne dal fuoco, visto lo stallo che andava prospettandosi per una lunga guerra di attesa in trincea e si diceva lieto che fosse arrivata la proposta del nome di alto profilo: “in fondo, c’è la saggezza del Parlamento, assecondarla è democrazia“. Sì, la democrazia oligarchica, quella che consente a solo mille italiani privilegiati di eleggere colui che dovrebbe poi risultare il “presidente di tutti”.

I giochi sono fatti. Niente va più nelle urne di Montecitorio. Si spengono i riflettori su quello che doveva essere l’importante appuntamento per la vita pubblica nazionale. I grandi elettori possono rientrare a casa dopo una settimana di chiacchiere e pinzillacchere (basti ricordare le schede “sprecate” a suon di proposte umoristiche e scherzose. L’Italia ha il nuovo, tredicesimo, capo dello Stato, che poi è esattamente lo stesso del vecchio “dodicesimo”. Quindi gattopardescamente si è cambiato tutto per non mutare nulla e anziché festeggiare e salutare un nome nuovo di alto profilo e prestigio, ci ritroviamo con il prolungamento dello “status quo” mattarelliano che, viste le altre proposte, apparentemente è pur sempre il minore dei mali.
Archiviata la nomina del Presidente di quella che è e rimane la “prima” Repubblica, ci si augura che si trovi il tempo e la volontà per modificare la Costituzione. Se quasi ottant’anni trascorsi, dalla nascita della Repubblica, sembran pochi, la nomina di Mattarella ci auguriamo possa restare l’ultima con le attuali regole. E’ necessario garantire ad ogni italiano la partecipazione democratica per questo aspetto irrisolto nella Costituzione. Sarà anche la più bella d’Europa o del Mondo, ma ha bisogno di restauri, di essere rinnovata, di essere adeguata alle nuove esigenze! Forte, incisivo, determinato e trasversale deve affluire l’impegno di chi avvertendo la necessità che l’Italia si doti di nuove regole, operi perché si determini il cambiamento. Costituzionalmente è alla “figura” virtuale ma sostanziale del “Popolo” che leggi e sentenze sono poi promulgate ed emesse “in suo nome”, ed è triste che sia il popolo intero, ogni singolo cittadino che è parte di questo insieme, ad essere escluso da uno degli aspetti più importanti della vita democratica. Il vero presidente di tutti gli italiani non può e non deve più essere l’espressione dei pochi eletti. Pur mantenendo le prerogative spettanti al Parlamento i tempi sono maturi per una nuova Repubblica di stampo presidenziale.
Riccardo Colao
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