“I morti non muoiono” di Gianni Politi
Si tratta di figure misteriose, incorporee, caratterizzate da elementi macabri, avvolte in un sudario realizzato con tele dipinte dallo stesso Politi con una tecnica tradizionale, ricercando le cromie cinque-seicentesche che animano i capolavori dei protagonisti evocati per guardarsi dentro, per interrogarsi in profondità sul senso del proprio agire e sul ruolo giocato dall’artista nella società.
dalla Redazione Romana del Quotidiano l’Italiano
ROMA – “Se i pittori morti potessero parlarci delle loro visioni sull’arte, vorrebbero condividere con noi le loro idee?”, questa la domanda che si è fatto l’artista Gianni Politi (Roma, 1986) e a cui, nelle sue intenzioni, la performance I morti non muoiono, andata in programma giovedì 28 ottobre a Palazzo Barberini, dovrebbe dare una risposta. E il curatore Massimo Mininni aggiunge: “Questa performance vuole in qualche modo portare il pubblico a fare una riflessione sui cambiamenti che il mondo dell’arte ha subito nei secoli”.
“Per il museo si tratta di una nuova incursione nell’arte contemporanea – dichiara Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini – un tratto distintivo della programmazione. La performance di Gianni Politi è infatti l’ultima tappa del dialogo e dell’intreccio tra passato e presente iniziato con l’esposizione di Parade di Picasso nel 2017, la rassegna Eco e Narciso nel 2018, la mostra di Robert Mapplethorpe nel 2019”.
I morti non muoiono, creata da Gianni Politi ispirandosi alla collezione del museo, si sviluppa come una pièce teatrale in tre atti, della durata di poco meno di un’ora. La performance coinvolge l’intero palazzo, dal giardino ai due grandi scaloni, dal salone di Pietro da Cortona alle sale dove sono esposte le opere degli artisti selezionati: Perin del Vaga (1501-1547), Lorenzo Lotto (1480-1556), Jacopo Tintoretto (1519-1594), Tiziano Vecellio (1488-1576), Annibale Carracci (1560-1609), Guido Reni (1575-1642), Pietro da Cortona (1597-1669). Perché questi artisti? La scelta nasce dall’esperienza recente di una Roma serrata dal Covid, delle vie deserte di un quartiere, come quello Flaminio dove abita l’artista, dove le targhe stradali con i nomi degli artisti evocavano la sopravvivenza di presenze antiche, evanescenti, spaesate, fantasmatiche.
Si immagina così che gli spettri di questi artisti ritornino dopo un lungo viaggio dal mondo dei morti nel mondo dei vivi per ritrovare le loro opere immortali e sopravvissute nei secoli. Giunti a palazzo i fantasmi cercheranno di farsi seguire dagli spettatori, di coinvolgerli nella ricerca delle loro opere o di quelle dei loro sodali e/o nemici, per poi danzare nel grande salone sotto l’affresco del Trionfo della Divina Provvidenza. La performance si conclude con gli spettri che si allontanano attraverso lo scalone del Borromini con un saluto lento e inesorabile e si chiude nella costruzione di una forma ovale completamente astratta al termine della scala.
Si tratta di figure misteriose, incorporee, caratterizzate da elementi macabri, avvolte in un sudario realizzato con tele dipinte dallo stesso Politi con una tecnica tradizionale, ricercando le cromie cinque-seicentesche che animano i capolavori dei protagonisti evocati per guardarsi dentro, per interrogarsi in profondità sul senso del proprio agire e sul ruolo giocato dall’artista nella società.
La musica composta appositamente da Diego Manfreda,caratterizzata da una forte componente spiritualista utilizzando riverberi e glitch del sintetizzatore, accompagnerà tutti i movimenti dei performer. I costumi sono stati creati da Politi in collaborazione con Monica Crognale e la coreografia è stata realizzata sempre dall’artista in collaborazione con Loredana Parrella e la sua compagnia di produzione TWAIN.
Note biografiche:
Gianni Politi (Roma 1986) studia filosofia presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Attraverso l’uso di materiali classici della tradizione pittorica italiana ha sviluppato una pratica basata su processi privati che avvengono nello studio nel tentativo di generare immagini spontanee. Lo studio diventa quindi soggetto e oggetto di una produzione pittorica variegata e che sfocia anche nell’ uso di sculture per narrate il quotidiano sforzo di dipingere oggi. Nel tentativo di ridefinire la pittura astratta oggi, l’artista carica il lavoro di esperienze e ricorrenze personali riflettendo su temi primari come amore, amicizia e sessualità in un tentativo costante di mitizzare i materiali utilizzati. L’artista ha mostrato il suo lavoro in varie istituzioni nazionali ed internazionali tra cui La Galleria Nazionale d’ Arte Moderna di Roma, Nomas Foundation, Maxxi, Macro e l’Italian Cutural Council di Praga.
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