Thursday, April 18, 2024
Quotidiano Nazionale Indipendente


Il “caso Pittelli” esplode a livello nazionale

Da Trento: sincera solidarietà perviene “da sinistra”; convinti di scoprire che avrei dovuto confrontarmi con magistrati “di destra”, sempre più garantisti dei cosiddetti “democratici”.


di Riccardo Colao (direttore del Quotidiano l’Italiano)

ROMA – La raccolta di firme da parte del Comitato Spontaneo perché si sensibilizzi l’opinione pubblica e venga restituita la libertà, in attesa, del giudizio conclusivo, all’avvocato catanzarese Giancarlo Pittelli ha travalicato i confini del capoluogo e dell’intera Calabria. Il “caso Pittelli” va assumendo sempre più i connotati di un “affaire nazionale“. Da più parti piovono adesioni perché qualcuno ponga attenzione al fatto /entrato di diritto nella cronaca), in cui un cittadino, (innocente fino a sentenza che dimostri il contrario), sia detenuto in carcere nell’attesa che il processo stesso venga istruito e celebrato.

Ben pochi (a parte la Procura) ritengono come, nella posizione in cui si trovi l’avvocato Pittelli, possa egli stesso avere modo di inquinare eventuali prove o indizi raccolti nel corso delle indagini. In tanti nutrono il dubbio sull’applicazione della misura detentiva applicata… Altro non potrebbe essere che una modalità per coprire l’insussistenza stessa delle accuse a lui rivolte dilatando nei tempi biblici delle attese dei processi infiniti il verdetto di assoluzione finale.

In altre parole se il p.m. fosse certo di avere ragione di quanto acquisito nei voluminosi faldoni e avesse la certezza di chiudere vittoriosamente la sua requisitoria, l’avvocato Pittelli avrebbe dovuto essere già sul banco degli accusati con una sentenza sfavorevole.

Cui prodest? A chi giova quest’attesa… di giorni, mesi, anni, rubati alla vita di un uomo costretto in cella senza che abbia possibilità di difendersi, mentre si riscontrano libertà di essere subissati dal diluvio dalle dichiarazioni di “pentiti” rese pubbliche in barba ai segreti istruttori?

Non certo alla “Veritas“. La “Verità” nient’altro che la Verità è questo che si chiede a chi deve giudicare. E questo che ci si attende da chi amministra la Giustizia in nome del Popolo Italiano.

E una parte di questo popolo d’Italia, una porzione di amici, conoscenti, uomini della strada, gente qualunque, ed ora anche persone che con il penalista Pittelli non hanno mai avuto a che fare e che nemmeno conoscono, vogliono capire che cosa si cela sotto questo “affaire”, s’interrogano sul perché un cittadino italiano debba essere recluso “In attesa di giudizio” e non possa invece starsene ai domiciliari come viene concesso persino a chi si è macchiato di reati ben più gravi!

Così, mentre la lista di firme con la motivazione “libertà per Pittelli” si ingrossa riceviamo l’opportunità di divulgare la lettera aperta che un collega dell’avvocato catanzarese ha voluto inviare, da Trento, in segno di solidarietà. Leggiamola insieme:

Trento, 28/01/2022

Caro Collega Pittelli, aderisco senza riserve all’appello lanciato dai Tuoi amici e Ti chiedo con piena convinzione di rinunciare alla forma di protesta che hai intrapreso; è troppo importante che Tu sopravviva a questa vicenda, riesca ad affrontare il processo a viso aperto e nel pieno delle forze, dimostrando tutto il carattere combattivo con cui -dicono le cronache- hai sempre svolto la professione.

Non  ci  conosciamo,  né  abbiamo  avuto  modo  di  incontrarci  in qualche aula di giustizia; io ho iniziato (e sto per concludere) la professione di avvocato a Trento e mi sono quasi sempre occupato di processi politici, prima nell’ambito della sinistra extraparlamentare e, poi, dell’eversione brigatista.

Sono stato coinvolto anch’io in una vicenda giudiziaria, subendo l’arresto sia pure per una notte sola (forse ricorderai… il processo cosiddetto “armi e droga” condotto a Trento dal giudice Carlo Palermo): allora, eravamo a metà giugno del 1983, fu indetto addirittura uno sciopero nazionale da parte dell’Avvocatura e mi piace immaginare che partecipasTi anche Tu a quell’astensione; chissà…

Ho origini calabresi (padre e madre, pur essendo nato a Vipiteno!) e sono fortemente legato alla nostra Regione dove risiedono anche molti dei  miei  parenti,  alcuni probabilmente li  conosci  o  ne  avrai  sentito parlare; tutti hanno gravitato nell’ambito della sinistra, a partire da mio nonno Bonifacio, ultimo sindaco di Calopezzati prima dell’avvento del fascismo e primo sindaco dopo la Liberazione. Mio padre è stato procuratore della Repubblica prima Bolzano poi a Bologna e infine a Roma, concludendo nel 1992 la sua carriera; è stato uno dei fondatori di Magistratura Democratica, formazione dalla quale si è poi allontanato quando ha capito e potuto toccare con mano la strumentalizzazione della “questione giustizia” da parte di una corrente che era nata e si era sviluppata su presupposti completamente opposti, primo fra tutti quello del garantismo, nel senso più genuino e autorevole della parola.

Ecco  dunque  che  la  mia  sincera  solidarietà  Ti  perviene  “da sinistra”; sono convinto che Ti farà piacere, probabilmente parificabile a quello che provavo io quando, nell’affrontare un processo politico, scoprivo  che  avrei dovuto  confrontarmi  con  magistrati  “di  destra”, sempre più garantisti dei cosiddetti “democratici”.

Raccogli dunque l’invito alla “tregua” che Ti è stato rivolto dai Tuoi amici e continua a combattere.

Nella speranza di poterci conoscere presto, con stima

avv. Bonifacio Giudiceandrea

Nell’edizione stampata del quotidiano il Riformista, egregiamente diretta dal collega Piero Sansonetti, comparirà questa lettera che abbiamo potuto anticipare via web.

Nell’attesa che qualcosa possa scaturire favorendo la normale prosecuzione del lavoro giudiziario segnaliamo la nota che l’Agenzia La Presse ha dedicato alla vicenda riportando una parte dell’appello diramato già in un servizio precedente realizzato dalla nostra redazione catanzarese: “Giustizia: raccolte oltre 700 firme per Pittelli in sciopero della fame-2- Roma, 31 gen. (LaPresse) – Si legge nell’appello: “La sopravvivenza di legami di stima e di rispetto, o addirittura di amicizia, agli effetti, anche mediatici, di un procedimento giudiziario non solo non giunto ad una decisione definitiva, ma neppure ad una sentenza di primo grado, non è solo un’esigenza dell’imputato direttamente interessato, ma un elemento essenziale del tessuto sociale, della sua vitalità ed autenticità. Assistiamo, invece, impotenti allo sconvolgente scadimento dello stato psicofisico di Giancarlo Pittelli a causa della lunga carcerazione preventiva, condizione questa che gli impedisce di poter concentrare tutte le energie nella propria difesa. Non vogliamo che a questo si aggiunga una lesione della sua immagine e un impoverimento delle relazioni costruite in una vita: ciò non ha nulla a che vedere con il rigore nella lotta alla criminalità ma rappresenta solo un regresso civile e sociale che nessuna persona libera può accettare”.

La lettera originale dell’avvocato trentino Bonifacio Giudiceandrea

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