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Il Negus nostrano

IL NEGUS NOSTRANO – Racconto Breve di Francesco Chiucchiurlotto Nella categoria dei barboni campestri, persone senza fissa dimora che vivevano…

By L'Italiano , in In Evidenza Rubriche , at 28/03/2021 Tag: , , , ,

IL NEGUS NOSTRANO – Racconto Breve di Francesco Chiucchiurlotto

Nella categoria dei barboni campestri, persone senza fissa dimora che vivevano nelle campagne, di carità, lavoretti ed espedienti, dopo Scarafone veniva il Neguse.

Il primo, per età e per caratteristiche, aveva una sorta di primazia data dalla particolare repellente autorevolezza dell’aspetto; quella balla piena di cose misteriose che non l’abbandonava mai; quello sguardo che non ammetteva repliche né critica.

Il Neguse, così forse chiamato per la carnagione scura ed i tratti grossolani del volto tali da farne un prototipo di africano, ispirato nella fantasia popolare ad Ailè Selassiè, appunto il Negus d’Etiopia, era più giovane e più malleabile di Scarafone; nonostante gli scherzi, spesso feroci di cui era vittima, cercava la dimensione comunitaria dei bar e delle osterie come necessità di contatto umano e di scambio interpersonale.

Spesso gli veniva offerto un bicchiere di vino per amicizia e solidarietà, ma più spesso ancora lo si faceva bere per dileggiarlo, prenderlo in giro, fargli perdere il lume della ragione sino a comportamenti animaleschi di cui una certa teppa paesana si nutriva come insano divertimento.

Quella mattina d’autunno, svegliandosi all’alba come al solito, dopo aver dormito nella stalla di Mario il macellaio, al podere Caselli, al caldo dei fiati delle enormi vaccine chianine che la occupavano, prese la via del paese costeggiando la Strada provinciale.

C’era un pallido sole che faceva capolino  sul Preappennino e la valle era come soffusa in una luce atona ed incerta; dal tascapane tirò fuori una cipolla, una scorza di formaggio, un orlo di pane e tracannando dalla fiasca a tracolla, ogni tanto, un sorso di vino fece la consueta colazione che lo rimetteva in sesto dalla sbornia quasi immancabile della notte prima e lo ricollocava  almeno per qualche ora, nella specie degli umani.

Aveva poi un motivo in più per riaversi: il ricordo della buona azione fatta la notte precedente quando mentre si recava a Caselli per la notte, passando per il podere Porcino Vecchio, aveva notato che il pollaio dei Mezzosilo era rimasto aperto, probabilmente dopo la rigovernatura che faceva la vecchia padrona di casa.

Cosi’ bussò alla porta del casale ed a Marsilio che venne ad aprire disse di stare attento perché la faina che girava nei paraggi, dopo aver fatto strage di polli e galline dei sui vicini poteva arrivare da lui ed approfittare del cancello lasciato sconfrontato.

Marsilio ringraziò senza tanto entusiasmo.

Se mo’ è ìl negus che ci viene ad avvertì’, semo messi male… Giovannì – chiamando la moglie – ma che hai lasciato il pollaio aperto ??? Va ‘n po’ a vede ???

Qualche giorno dopo il Neguse, constatato che la fiasca del vino intrecciata di vimini, che portava a tracolla legata ad un grosso spago, era quasi vuota, cominciò a rimediare; adottando la consueta prassi, in campagna o in paese, trovato il giusto interlocutore, chiedeva:

Che ciavete na bottiglia avviata ??

Così qualcuno, il vino non si rifiuta mai, gli versava nella fiasca un quartino o più del proprio vino, anche per apprezzare quella delicatezza della bottiglia avviata, che era meglio finire prima che magari il vino si guastasse.

Aveva quasi riempito la fiasca, da più di due litri di capienza, quando si trovò proprio davanti al casale di Marsilio che stava rigovernando la stalla, al quale propose la formula della bottiglia di vino iniziata da regalare.

Ce l’ho proprio avviata da poco; aspetta che la pijo...

Così dicendo Marsilio entrò in casa per riuscirne poco dopo con una bottiglia che travasò nella fiasca sino all’orlo.

Marsi’, mo’ pe’ ‘n po’ sto bene. Grazie

Mal gliene incolse quando all’imbrunire, per ritemprare le forze, fece due imboccate di vino rendendosi subito conto, che qualcosa non andava perché quel vino sapeva di aceto.

E mentre sputava disgustato quell’intruglio schifoso, con smorfie scimmiesche, borbottava:

Quello stronzo di Marsilio m’ha rifatto no scherzo…

Come quella volta che gli appesero il motorino su un albero, che per trovare il verso per tirarlo giù gli ci volle tutta la notte; ed anche allora seppe che c’era lo zampino di Marsilio

Ma il Neguse era fatto così, non portava malanimo, perché a differenza di Scarafone o di altri vagabondi, aveva necessità di contatto umano e quindi svuotata la fiasca, continuò a chiedere:

Ciavete na bottija  di vino avviata??

Quando però qualche sera dopo si trovò a passare dal podere di Marsilio e riscontrò ancora che il pollaio era stato lasciato aperto, proseguì come se niente fosse ed il giorno dopo quando gli raccontarono all’osteria che la faina aveva fatto strage di polli e galline proprio lì da Marsilio, si sentì come sollevato e quel retrogusto di aceto che aveva sentito così a lungo nel fondo della gola, definitivamente scomparve.

Francesco Chiucchiurlotto

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