“Il vagabondo delle stelle”. L’ultimo romanzo di Jack London, il padre di “Zanna Bianca”
In questo romanzo-verità Standing, racconta in prima persona la paradossale vicenda di un condannato all’impiccagione. Poiché non si sottomette alle regole del carcere, l’uomo, accusato di aver nascosto un’improbabile scorta di dinamite all’interno della prigione, viene rinchiuso in una cella di sicurezza. Una pena disumana, quella inflittagli dai carcerieri che lo costringono a vivere al freddo al buio e alla sporcizia
di Giovanna Curone per la Redazione Letteraria del Quotidiano l’Italiano
ROMA – “Il vagabondo delle stelle”, l’ultimo romanzo di Jack London (San Francisco 1876 – Glen Ellen, 1916), rappresenta la metamorfosi letteraria di questo scrittore, metà pirata, metà avventuriero, ancor prima che letterato. Intriso di spirito rivoluzionario dedito a descrivere la libertà selvaggia delle creature delle foreste, nonché del loro complesso e spesso drammatico rapporto con l’uomo, London compie al termine della sua vita una “Rivoluzione copernicana” letteraria. Nel “Vagabondo delle stelle”, London modifica il principio metafisico della vita. Transita dalla descrizione dei suoi eroi, in perenne lotta per la sopravvivenza nei confronti della natura ostile, a quella del personaggio di Darrel Standing, un agronomo, nonché eroe di guerra, condannato al capestro per omicidio nel carcere di S. Quentin. In questo romanzo-verità Standing, racconta in prima persona la paradossale vicenda di un condannato all’impiccagione. Poiché non si sottomette alle regole del carcere, l’uomo, accusato di aver nascosto un’improbabile scorta di dinamite all’interno della prigione, viene rinchiuso in una cella di sicurezza. Una pena disumana, quella inflittagli dai carcerieri che lo costringono a vivere al freddo al buio e alla sporcizia.
Qui viene a conoscenza della presenza di altri due detenuti (realmente esistiti) che vivono il suo medesimo supplizio. Ma Standing non è un uomo-detenuto qualsiasi. London ci fa intuire che il condannato forse mago oppure sciamano: nella penombra della sua cella inizia a praticare l’autoipnosi. Vive esperienze extracorporee sino a ritrovarsi accanto a Gesù il giorno della sua crocifissione. Il romanzo, per certi aspetti paradossale passa dall’immobilismo corporeo, a cui è condannato il detenuto, alla metafisica pura. Infatti, Standing finisce col viaggiare nel tempo e nello spazio sino ad incontrare Gesù.
L’impatto dell’opera è particolare: come tante quinte teatrali i fatti sbocciano uno dopo l’altro in una spirale di sensazioni mescolate ad avvenimenti. Infatti, il racconto si snoda in quello, che come direbbe Giacomo Leopardi e Kundera, è l’eterno contrasto tra la leggerezza del pensiero e la pesantezza della realtà in cui vive il condannato. Questa è la condizione in cui vive Standing, quando ogni dieci giorni viene risvegliato dai secondini che sperano di trovarlo morto o almeno impazzito quel tanto che basterebbe per farlo trasferire in un manicomio e liberarsi così dell’ingombrante fardello umano. Ma le sevizie fisiche e morali non sono sufficienti a domare l’uomo, neppure la tortura della camicia di forza a cui viene sottoposto ne piegano lo spirito che gli consente di sorridere ai suoi aguzzini. La forza di Standing si trova nell’immaginazione per cui non sente dolore e può continuare a vagare liberamente: la scoperta di queste doti lo inebria a tal punto che non si accorge del passare inesorabile dei giorni che lo separano dall’esecuzione.
Quel giorno fatale il boia è gentile con il condannato e ne viene ricambiato. Lui Standing è sereno, come Socrate il giorno in cui nella democratica Atene di Pericle fu condannato a morte. La vita è spirito e lo spirito non può morire. Solo lo spirito permane attraverso infinite reincarnazioni per risalire alla luce. Ci chiediamo se “Il vagabondo delle stelle” possa in qualche modo legarsi alla realtà odierna. Con tutte le cautele del caso ci azzardiamo a rispondere in modo positivo se leggiamo in alcune righe del libro quanto afferma Standing: “Gli uomini intelligenti sono crudeli. Gli uomini stupidi sono mostruosamente crudeli”. Le guerre ed il terrosmo del secondo millennio ce lo insegnano.
Giovanna Curone
Comments