La Democrazia allo Specchio
È molto più facile essere uomini (bambini) sotto dittatura, tutto è stabilito, tutto è rigore e disciplina, nessun fuori programma, una routine maniacale che ci mette l’anima in pace, un Dio che ci ama e ci punisce, uno Stato che ci protegge e che per il nostro bene ci preclude quelle pericolose libertà degne da emancipati (questo è il “menù “offerto ai popoli nel corso dei secoli).
L’Opinione di Nicola Mongiardo per il Quotidiano l’Italiano
Milioni di volti cancellati…tumefatti, corpi straziati dai proiettili e dalle bombe, lacerati e fatti a brandelli, interiora sparse lungo le strade di tutta Europa; parliamo dei tanti, troppi morti che fanno da “cornice” alla storia d’Europa, senza dimenticare lo strazio dei sopravvissuti e dei loro eredi cioè noi.
Noi siamo figli e nipoti di quell’infamia del novecento, siamo il prodotto della sofferenza e della vergogna della guerra animata dalle ideologie dai nomi variabili ma sempre con un solo e unico fine: la distruzione del diverso, un ruolo affibbiato allo sfortunato di turno.
Tutta questa immane stupidità ammantata da fior fiori di teorie scientifiche, filosofiche, antropologiche (ricchi di “ismo” quali il comunismo, fascismo, nazismo, ecc.) portate avanti da persone considerate ancora oggi come intellettuali, pensatori, saggisti, polemisti e che ancora fanno proseliti, neofiti, nuovi alfieri del vangelo della morte.
Questi, i neofiti, cambiano colore come i camaleonti, alcuni non si schierano apertamente, amano nascondersi dietro neologismi moderni con l’aggiunta di un 2.0 per darsi un tono moderno e ammiccare ai giovani. Si riempiono la bocca di diritti umani, alcuni sono un vocabolario giuridico, un digesto, un prontuario di belle frasi a effetto, non fanno vedere di essere (alla fine dei conti) antidemocratici. Sono quelli che fingono di essere pro libertà per poi ammirare se non proprio adorare sedicenti leader antioccidentali, mostri illiberali e disumani.
C’è anche un secondo tipo, sempre di neofiti pseudointellettuali che critica apertamente la democrazia, la presenta agli occhi della gente come un malato terminale a cui staccare la spina, oppure, nella migliore delle ipotesi, auspica un radicale cambiamento che poi altro non è (paradosso) una restaurazione di principi morali triti e ritriti (per intenderci quelli che hanno provocato i morti fino alla seconda guerra mondiale e in altre parti del mondo ancora oggi).
Perché hanno un seguito numeroso e rumoroso? Qual è la benzina che li alimenta? In prima analisi sostanzialmente è la rottura tra generazioni, tra padri e figli, una lontananza resa più forte dalla globalizzazione. Si stanno facendo avanti i nuovi principi e valori che andranno a costituire e costruire le fondamenta delle società future e qui non ci sarà posto per i vecchi valori (patria, famiglia, Dio in primis).
Nietzsche aveva ragione e con i nostri occhi possiamo vedere questi cambiamenti, d’altronde Dio è morto ormai da più di un secolo ed è ovvio che debbano venir giù tutte le altre cose a esso connesso, qui nascono i problemi.
Sia chiaro, questo è un fenomeno che non riguarda solo l’occidente bensì l’intero globo anche se da noi è molto più tangibile e tutto quello che vediamo è conseguenza di questo passaggio da una epoca valoriale ad un’altra.
Tutti coloro che si sentono travolti da questo cambiamento reagiscono cercando di distruggere il nuovo che ancora deve prendere una forma definita per rimettere a posto le cose, i vecchi valori e le convinzioni, i tabù, i veti e i divieti, quei muri mentali che rassicurano e rendono più facile la vita a tante persone.
Qui entra in gioco la democrazia nella descrizione più bella e a mio avviso corretta, quella di Derrida che la immagina sostanzialmente come un otre che si gonfia e si sgonfia, come una qualche cosa soggetta a continui mutamenti di forma, capace di accogliere qualsiasi cambiamento nel suo seno.

Ecco perché si attacca la democrazia, perché essa è l’unica forma di potere politico capace a inglobare il mutare del tempo, quei mutamenti a cui l’uomo è soggetto, comprese le tradizioni, che non saranno mai fissi ed eterni ma che nel corso dei secoli, decenni, anni, sono sempre in dinamico divenire.
Un dinamismo che fa parte della natura umana e che i monoliti quali le religioni, gli stati totalitari e i fondamentalisti dell’immobilismo negano, chiamando il nuovo come peccato, aberrazione, decadenza, perversione.
Hanno (gli immobilisti) bisogno dello schema che è in voga su questa terra da millenni, dalla nascita della civiltà, cioè il vivere in contrapposizione in uno schema dualistico. Da una parte i giusti barricati dietro lo scudo dell’etica ufficiale e dall’altra gli scarti della società, coloro che sono fuori dalla protezione di quello scudo (ai quali è lecito fare del male).
Sempre è stato necessario alla sussistenza di una forma di potere (statale, religiosa) l’esistenza dell’altro da escludere, da evitare, da prendere come esempio negativo, il lupo nero delle fiabe per spaventare i bambini; parlo degli ebrei, degli omosessuali, zingari, neri, gialli, stranieri, poveri, ricchi (vedi il comunismo), immigrati.
Questa fabbrica dell’altro è instancabile e necessita di questo dualismo per autosostentarsi, alimentarsi attraverso l’alterità: “noi” esistiamo perché siamo così, gli “altri” sono diversi da “noi”, per essere “noi” non dovete essere “altro”, se non sei “noi” sei “altro” e l’altro è fuori dal cerchio magico-protettivo dei valori fondanti il “noi”.
La democrazia, quella vera, nell’accogliere l’altro e l’alterità si fortifica, cresce giorno dopo giorno, il suo “cibo” è assimilare, inglobare, ascoltare, parlare, discutere proprio come si faceva nelle agorà greche ma su una scala maggiore.
Un processo che pone al centro la crescita dell’individuo e della società e che (di conseguenza) non può vivere di paura (quella che ci stanno inculcando) o meglio di paure; la democrazia non deve temere il futuro, la diversità e la differenza sono il fulcro della democrazia (altro tema di Derrida).
L’individuo è portatore di diversità ed è in antitesi al conformismo, al pensiero unico che crea la massa, la democrazia non è massa, è un insieme di individui, la somma dell’alterità.
In essa (nella democrazia) ci sono gli anticorpi, il problema è che siamo noi stessi questi anticorpi e ascoltando le campane dei reazionari, ultraconservatori, di coloro che hanno paura del confronto, che amano i confini culturali e fisici, che hanno bisogno di barriere invalicabili a protezione della loro monotonia e monocromia, rischiamo e spesso finiamo per essere manipolati come burattini.
Le nostre debolezze si uniscono e creano delle crepe nella democrazia, piccole spaccature che si allargano sempre di più fino a divenire una voragine, un abisso incolmabile, quel vuoto che ci terrorizza ma che allo stesso tempo ci attrae (tanatos, attrazione verso la morte), la paura di vivere liberi, di essere individui pensanti e non un numero.

È molto più facile essere uomini (bambini) sotto dittatura, tutto è stabilito, tutto è rigore e disciplina, nessun fuori programma, una routine maniacale che ci mette l’anima in pace, un Dio che ci ama e ci punisce, uno Stato che ci protegge e che per il nostro bene ci preclude quelle pericolose libertà degne da emancipati (questo è il “menù “offerto ai popoli nel corso dei secoli).
La conoscenza è la chiave di tutto. Scoprire le cause di una malattia ci darà la cura senza il dover sentire l’esigenza di pregare un Dio affinché interceda per la nostra salute e magari rimanere delusi da un suo silenzio. Conoscere è il processo e il percorso che ci porterà alla libertà autentica, quella per intenderci, dove il singolo sa cosa ha innanzi.
Conoscere è libertà piena, senza essa siamo fantocci e le nostre espressioni facciali sono la conseguenza della manipolazione emotiva da parte dei burattinai, loro sono gli attuali fabbricatori di realtà distorta, a volte utopica, più spesso distopica, perché è nell’incertezza del domani che si governa meglio. Piangiamo e ridiamo a comando, odiamo e subito dopo amiamo quello che poco prima odiavamo, i nostri sogni sono esposti nelle vetrine dei negozi, sono quantificabili in denaro, sogni materiali con un listino prezzi.

Ignoranza è chiedere, supplicare, invocare un aiuto al potente di turno, a chi potrebbe dare una svolta alla nostra vita, la povertà intellettuale è la massima ricchezza che gonfia il portafoglio dei ricchi. Crediamo e ci fanno credere artatamente che siamo autori e scrittori delle pagine della nostra vita ma non è così, tutto è finzione e menzogna. Libertà è l’audacia di conoscere e costruire sé stessi in forma piena senza il timore della mancanza del pane quotidiano, poter distinguere il vero dal falso, cosa necessaria perché il consumismo produce incessantemente verità-menzogne proprio come i regimi.
E se la conoscenza stessa fosse menzogna? (in fondo abbiamo detto che le verità si fabbricano) Allora in questo periodo storico staremmo vivendo in una felice bolla fatta di bugie prodotte a fin di bene, ma sempre bugie e la felicità stessa sarebbe drogata da una grande macchina pubblicitaria che ci fa credere di essere liberi e appunto felici. La cura a tutto ciò? Amate la conoscenza, andate verso di essa scavando fino in fondo, levando il substrato di falsità, cercatela e avrete le vostre risposte.
Lettura consigliata, anche se non citato direttamente: di Norberto Bobbio – Profilo ideologico del Novecento italiano – Einaudi, 1986.
(Segue).
Nicola Mongiardo
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