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La Questione Meridionale, un tema ancora attuale: che cosa è mutato dal periodo post-unitario ad oggi?

Esiste ancora una questione meridionale? Cos’è cambiato dal periodo post unitario ad oggi?

By L'Italiano , in Economia Editoriali In Evidenza Politica Italiana , at 31/07/2021 Tag: , , , ,

di Stefania Calabretta

Una risposta eloquente sono i dati forniti dalla SVIMEZ il focus del 2018, pubblicato dall’Ufficio Valutazione Impatto del Senato della Repubblica, è un documento dedicato alla politica di coesione dell’Unione europea, dal quale emerge che il mezzogiorno d’Italia con i suoi venti milioni di abitanti è ancora la più grande aria depressa del continente, a nulla – o quasi – è servito lo stanziamento dei fondi europei.

Premessa assolutamente deludente se pensiamo che si parla di questione meridionale dal periodo Post- unitario (1860/1871)

Ripensare oggi alla “questione meridionale” potrebbe apparire un argomento superato, dal sapore antico e nostalgico. Cambiano i ritmi e le personalità dei problemi con i quali il mondo ed il Sud Italia si confrontano, ma il risultato, ma il risultato è che la differenza di sviluppo economico, culturale e sociale tra nord e sud Italia a scapito di quest’ultimo ad oggi non trova più giustificazioni.

Pasquale Villari 1875 fu il primo a denunciare l’esistenza di una questione meridionale pubblicando il saggio Lettere Meridionali nel quale denunciava le condizioni di miseria, oppressione e la mancanza di alfabetizzazione delle classi contadine.

            Il Governo post Unitario affidò a Sidney Sonnino e Leopoldo Franchetti un’inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche dell’Italia meridionale dopo l’annessione del Mezzogiorno.

L’inchiesta mise in evidenza che i problemi del Sud Italia erano molto seri: il sistema agricolo feudale era ancora in vigore, pesava la mancanza di scolarizzazione e non ultimo il brigantaggio, che da rivolta dovuta al disagio economico e sociale delle classi contadine, divenne una vera e propria guerra civile. La conseguenza fu che il movimento di sommossa venne soppresso, nel peggiore dei modi, con l’applicazione della “Legge Pica”, che prevedeva l’immediata fucilazione e condanne pesanti anche per chi fosse solo sospettato.

            Il sondaggio di Sonnino e Franchetti è ad ampio raggio vengono denunciate non solo le condizioni sociali di miseria dei contadini, anche le condizioni politiche ed amministrative della Sicilia.

            Uno dei punti d’incontro tra ieri ed oggi (secondo il mio parere) era ed è principalmente istituzionale, la mancanza di una reale conoscenza delle condizioni del mezzogiorno da parte del Governo centrale. La denuncia dei nostri storici è chiara: esisteva (ed esiste) una fortissima sperequazione sociale ed economica tra Nord e Sud. L’esempio lampante di un confronto tra ieri ed oggi è che se oggi non esiste il sistema latifondista, di fatto è in vigore il caporalato.

Esiste oggi una questione meridionale? Si il divario economico e sociale tra Nord e Sud è lampante il mezzogiorno ancora oggi soffre si un decollo lento e faticoso.

Oltre al dato della SVIMEZ fornito ad inizio articolo, secondo il report 2020, la cui fonte è money.it, la forbice tra i dati di scolarizzazione del nord e sud Italia è molto ampia, una delle cause rimane l’abbandono scolastico. Il report evidenzia che nel Nord le regioni: Emilia, Lombardia, Friuli e Trento il 30% dei ragazzi fra 30 e 34 anni sono laureati. Di contro nel Sud Italia: Sicilia Puglia e Calabria, nella stessa fascia di età i laureati scendono sotto il 20%. L’inchiesta riporta dati chiarissimi nel mezzogiorno rimangono decisamente inferiori i livelli di istruzione il 54% della popolazione possiede un diploma, contro il 65,7% del nord anche il tasso di occupazione delle persone istruite è del 71,2% nel sud contro 86,4% del nord.

Questa differenza poteva essere colmata con i fondi europei atti a creare nuove aziende, quindi a dare una nuova vitalità all’economia del sud. L’inchiesta del sole 24 2020 parla chiaro definendo i fondi europei per il sud un’occasione mancata. I programmi operativi in questione 2007/2013 – 2014/2020 sono andati a passo di lumaca. La Sicilia, giusto per fare un esempio, ha mal speso 12miliardi sprecandone 4, tra burocrazia asfissiante, mancanza di capacità a mettere a frutto i fondi e gestione imprecisa dei progetti.

Trascorso quasi un secolo e mezzo il divario tra nord e sud Italia è ancora molto forte. La soluzione siamo anche noi cittadini, il primo passo è la scolarizzazione affinché si possa arrivare ad una indipendenza di pensiero critico, si possano creare le capacita di una buona classe dirigente ed imprenditoriale.

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