Thursday, April 25, 2024
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Le Memorie di Adriano. Il Capolavoro di Marguerite Yourcenar. Diario Immaginario di un grande imperatore

di Giovanna Curone (dalla Redazione Letteraria del quotidiano l’Italiano) Scrive Marguerite Yourcenaur (Bruxelles 8 giugno 1903-Bar Harbor U.S.A. 17 dicembre…


di Giovanna Curone (dalla Redazione Letteraria del quotidiano l’Italiano)

Scrive Marguerite Yourcenaur (Bruxelles 8 giugno 1903-Bar Harbor U.S.A. 17 dicembre 1987) nella prefazione al suo romanzo Le Memorie di Adriano: “Non siamo soli a guardare in faccia un avvenire inesorabile”. Possiamo considerare questa riflessione assolutamente pragmatica come l’ “Incipit” di questo romanzo, dove nell’immaginario, ma non troppo, la scrittrice ritiene che alla conclusione della sua vita, Adriano abbia dettato le sue esperienze politiche ed umane. Un’opera, Le Memorie di Adriano, che richiese un lavoro di ricerca di circa trent’anni e che premiò l’autrice con “La legione d’onore”. Alla domanda, perché la Yourcenar avesse deciso di intraprendere un lavoro davvero monumentale non c’è una risposta universale. Osiamo pensare che, forse, Adriano è stato colui che meglio si confà con le abitudini dell’era moderna: le sue ambizioni ma anche la ricerca di una pace in tutto l’Impero perché, come lui stesso ammetteva, Roma non era più in grado di continuare la sua avanzata verso lidi sconosciuti e non, dove eserciti di barbari erano sempre sul piede di guerra e dove la cultura romana rischiava di infrangersi nelle mille battaglie che Roma era costretta a compiere. Dunque l’Impero esigeva un lungo periodo di pace per migliorare le condizioni di vita dei tanti popoli che ne facevano parte. Adriano non amava i lussi: si trovava più a suo agio a dormire per terra o in una tenda piuttosto che riposare in un letto in una delle tante dimore a sua disposizione. Era contrario alla sperequezione tra troppo ricchi e troppo poveri ed aveva imparato a sue spese, a non fidarsi di nessuno. Adolescente insaziabile di conoscienze greche e latine, Adriano visse per mesi in Grecia per riposarsi beandosi delle bellezze dell’Ellade: il Partenone e l’agorà più in generale. Le sue conoscenze andavano dalla letteratura alla medicina per la quale ebbe un occhio particolare in vista della sua malattia che lo avrebbe portato alla morte. Cresciuto all’ombra di Vespasiano, Adriano iniziò a comprendere gli intrighi e le lotte nelle quali ebbe un valido appoggio dalla suocera, Plotina moglie di Vespasiano di cui Adriano aveva sposato la figlia.

Anche all’epoca la scalata sociale partiva da un matrimonio di convenienza: Adriano non visse quasi mai con la moglie, perché quasi sempre impegnato nell’esercito. E nell’esercito imparò molto, tanto che fu l’unico ammesso nella camera di Vespasiano quando il suocero era ormai morente. Adriano confida al destinatario delle sue memorie che gli omicidi di massa e le distruzioni delle città erano dannose perché inasprivano i popoli ai danni dell’Impero. Anche le spese per i giochi nel Colosseo, furono giudicati eccessivi e disgustosi per lui. Eppure erano necessari perché la plebe, sazia del sangue versato sull’arena, tornava alle proprie dimore soddisfatta: non contraddire la plebe perché la stabilità di Roma ne sarebbe stata minacciata. Era convinto che il peggior crimine di Claudio e di Nerone fosse stato quello di lasciare che i loro liberti o i loro schiavi si impadronissero di quelle funzioni d’agenti, consiglieri, delegati del capo supremo. Per questo Adriano viaggiò molto per reclutare i capi di una burocrazia nuova nella classe media perché da essa dipendeva lo Stato. Il rischio che vedeva in questi “eserciti civili” era la mentalità burocratica perché senza l’occhio vigile dell’Imperatore la burocrazia avrebbe finito per guastarsi. Era altresì convinto che gli imperatori mediocri erano stati e saranno sempre più numerosi di quelli illuminati. Adriano amava le costruzioni e s’immaginava Roma dopo la fine dell’Impero. Era entusiasta della rete stradale che collegava i punti più remoti dell’Impero. Il suo desiderio di pace, però si infranse dinnanzi ad un mondo sempre più turbolento e portatore di venti di guerra. Adriano sognatore di una pace duratura nelle sue memorie afferma con una vena di amarezza. “Mi sarebbe stato caro una volta tanto, trascorrere interamente a Roma la primavera, ritrovare la Villa incominciata, le carezze capricciose di Lucio, l’amicizia di Plotina. Ma questo mio soggiorno in città fù presto interrotto da allarmanti voci di guerra. Erano appena tre anni dacchè s’era conclusa la guerra contro i Parti, e già sull’Eufrate erano sorti gravi incidenti. Partii immediatamente per l’Oriente”. Quanto l’Imperatore desiderasse la pace lo testimonia l’ononimo Vallo, una fortificazione lungo tutti i confini dell’Impero per arginare le lotte e le incursioni dei barbari. Il Vallo di Adriano era un modo dell’esercizio del potere per separare definitivamente la civiltà dell’Impero e barbarie delle tribù al di là del vallo. La speranza era quella di costruire le premesse per una pace duratura. Il Vallo funzionò per molto tempo e s’infranse sotto la spinta dei Vandali, e tutti quei popoli, Unni compresi che venivano dalle steppe dell’Asia e che si erano stanziati accanto al Vallo. Una serie di carestie per il resto mandò in frantumi il sogno di una civiltà imperiale dominata da un’efficiente burocrazia. Merito dell’autrice è anche quello di aver sottolineato l’aspetto umano di Adriano. Nelle sue memorie l’imperatore non nasconde la sua diperazione per la tragica morte del suo amato Antinoo annegato misteriosamente in un fiume. In tutta l’opera della scrittrice vi è una ricerca del recondito pensiero di Adriano al quale fa dire: “Si è protestato quando bandii da Roma una patrizia, facoltosa e stimata, perché maltrattava i suoi vecchi schiavi: qualsiasi ingrato che trascura i genitori infermi scuote di più la coscienza pubblica, ma io non vedo molta differenza tra queste due forme di crudeltà inumana”. Un romanzo quello della Yourcenar assolutamente al passo coi tempi moderni.

Giovanna Curone

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