Lega Pro Girone C: ad un mese dallo start è tutto possibile per qualsiasi club che aspiri alla fuga per la vittoria
La verità è che i valori sono livellati, nella direzione “under”, che in questo campionato il livello agonistico spettacolare è decisamente di bassa qualità e che i direttori di gara (cioè i signori arbitri) esprimono mediocrità e si rivelano inadatti a gestire match di calcio con autorità e competenza.. A cinque giornate disputate del torneo è tutto ancora possibile sia per chi aspira alla promozione e sia per chi deve salvarsi dalla retrocessione. Bastano tre punti per sfiorare la vetta e una sconfitta per restare nelle retrovie.
L’editoriale del direttore Riccardo Colao – Quotidiano l’Italiano

Campionato di Lega Pro Serie C Girone C. Si vinca, si perda o si pareggi la classifica a conclusione della Quinta Giornata è drammaticamente e sorprendentemente corta. C’é chi si trova in testa ma è a un tiro di schioppo da chi insegue: basta cogliere tre punti o perderne due per ritrovarsi di colpo in una posizione che può essere giudicabile ottimale come non consona alle aspettative del calcio estivo.
E ci ritorna in mente il famoso spot radiofonico della Stock di Trieste. “Se la squadra del tuo cuore ha vinto…brinda con Stock, se ha pareggiato sorseggia uno Stock e se ha perso? Consolati con Stock“. Ecco che almeno cinque o sei tifoserie di questo torneo, che espone alla griglia di partenza città e società di grande storia e blasone quali il Palermo, il Bari, il Foggia, il Messina, l’Avellino, il Catanzaro, scendono sul piede di guerra quasi a recriminare che non si sia ancora paventata la squadra (come fu la Ternana nel 2020-21) ammazzagirone.
La verità è che i valori sono livellati, nella direzione “under“, che in questo campionato il livello agonistico spettacolare è decisamente di bassa qualità e che i direttori di gara (cioè i signori arbitri) esprimono mediocrità e si rivelano inadatti a gestire match di calcio con autorità e competenza.
Ignoriamo come vengano istruiti e per quali ragioni venga loro concesso libero accesso alla direzione arbitrale senza un tirocinio o una serie di esami psicoattitudinali. Gente che magari conosce teoricamente il regolamento ma poi in campo non lo applica o lo interpreta a “pene di levriero“. Gente che percepisce rimborsi spese che farebbero incazzare chi lavora in fonderia per 1500 euro al mese (loro li beccano per una trasferta che superi i 600 km e in un mese possono farne anche tre o quattro, se hanno i santi in paradiso che li designano spedendoli da Como a Catanzaro, tanto per fare un esempio).
La verità palese è che il gioco del calcio ormai corre su due binari. Quello di categoria superiore alimentato da regole molto più ferree che implicano il controllo Var e da arbitri sicuramente più attenti e garantisti, grazie agli “occhi magici” delle telecamere e delle “moviole” dei giorni d’oggi; poi c’é quello ancora pionieristico della Lega Pro dove un quartetto di sconosciuti, mixati da un designatore che ha quasi sempre residenze nelle sedi arbitrali con maggior peso (Puglia o Campania) viene spedito a controllare match infuocati dove, ventidue in campo e altri ventidue in panchina, se ne dicono e se ne fanno di tutti i colori mentre il pubblico sugli spalti, decimato dal Covid e anche schifato dallo spettacolo scadente, sta abbandonando gli spalti di stadi clamorosamente comodi e ospitali come il Partenio, il Barbera, il San Nicola, tanto per citarne qualcuno, a vantaggio dei filmati trasmessi e somministrati in streaming su internet.
“Claro“, come direbbero, in Argentina, che “no se puede” insistere su questi ritmi bestiali. I match infrasettimanli dovrebbero essere un eccezione e non una regola. Se un calciatore subisce un lieve infortunio, cinque giorni possono restituirlo al suo “coach” ma se come spesso accade si gioca di lunedì e poi si deve ritornare nell’arena, il giovedì, a tre soli giorni anche la fatica di chiunque altro atleta non acciaccato, ne risente a livello di rendimento.
Ecco che il campionato risulta sostanzialmente falsato. I risultati non possono essere quelli che si potrebbero registrare se i match si disputassero ai ritmi consueti, a cui il calcio di un tempo ci aveva abituati, e cioè quello di 90′ a settimana. Mentre una formazione di bassa caratura mira a fare incetta di punti con i trucchetti delle astuzie dei mestieranti, ponendo argini alle formazioni stilisticamente più dotate, quelle attrezzate per affrontare un torneo di alta classe soggiacciono a questa regola infame che premia “il non gioco” con l’avallo degli arbitri privi dello strumento (leggi Var) che potrebbe aiutarli a giudicare con maggiore incisività aspetti che sono lesivi del vero football.
Che altro aggiungere se non lodare tutti coloro i quali “combattono” in questa autentica “cloaca” di Lega Pro dove chi tenta di giocare al calcio, offrendo spettacolo, è di fatto penalizzato e relegato in posizioni che sulla carta nessuno avrebbe potuto mai ipotizzare?
Siamo alla Quinta e non vorremmo mai arrivare alla Nona (che come quella di Beethoven suonerebbe in modo pesante) accorgendoci che qualsiasi pronostico della prima ora possa essere sovvertito dalle magagne e dalle leggi non scritte, ma applicate, d un campionato di terza serie, sempre meno avvincente.
Il tour de force al quale sono costretti club di serie C prevede anche spesso e volentieri la somministrazione di due partite a settimana. Ogni quattro giorni si scende nell’arena per far sì che il campionato chiuda in anticipo allo scoccare della primavera e quindi consentire lo svolgimento della roulette dei “Play-off” e dei “play-out” poco prima dell’estate. Una formula infame che penalizza tutto e tutti e promuove alla fine solo qualche società a scapito di tutte le altre.
Il logorio del calcio di Lega Pro è asfissiante. E non c’é Cynar che tenga o che possa lenire i problemi che nascono di partita in partita. I risultati stessi ,a conclusione di ogni singola tornata, appaiono incredibili. Ci sono squadroni che beccano paliatoni dalle derelitte e squadroni obbligati ad impattare con chi anziché giocare a football esibisce placcaggi in stile rugby alla faccia di qualsiasi soccer-style-correct. Ed hai voglia di parlare di “respect“… Non esiste rispetto per nessuno: come nella jungla: vince chi mostra i muscoli mentre la forza se ne frega dell’intelligenza e stritola anche chi ha gambe snelle per correre veloce. In questa categoria non è importante se sei leone o se sei gazzella… conta non prenderle e se poi ti riesce di fregare l’avversario, per sua distrazione, di coglierla, e poi sperare che si giunga al triplice fischio finale.
Diciamolo francamente o la Federazione trova un altra formula per garantire ai presidenti e alle società serie che pagano puntualmente gli stipendi e si sobbarcano gli oneri (costosi) della gestione o questo calcio non avrà futuro.
Riccardo Colao
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