Montepaone: i suoi figli illustri da Saverio Mattei a Gregorio Di Siena. La storia millenaria, le risorse, lo sviluppo
di Francesco Pitaro È oltremodo sorprendente come un piccolo paese – fin ad alcuni decenni fa comprendeva poco più di…
di Francesco Pitaro
È oltremodo sorprendente come un piccolo paese – fin ad alcuni decenni fa comprendeva poco più di duemila abitanti – arroccato su una collina delle Preserre calabresi, abbia potuto dare i natali, nel corso della sua plurisecolare storia, a fior di uomini illustri. Uomini che in ogni tempo seppero farsi onore come letterati, giuristi, patrioti, sacerdoti, donne e uomini di fede, e al contempo conferire alla loro terra lustro e vanto.
L’elenco sarebbe lungo se indulgessimo a enumerali tutti, uno per uno, come converrebbe, ma ciò richiederebbe spazio e tem-po opportuni che si spera non manchino in un prossimo futuro. Per adesso ci basti menzionare i più rappresentativi la cui risonanza valicò i confini e del Regno di Napoli e della Penisola, e per qualcuno addirittura arrivando a giungere fin nelle più prestigiose corti reali europee.
Dai due religiosi in odore di santità, san Basilio Scamardì dell’ordine di san Basilio Magno a fra Dinisio, il culto dei quali per lungo tempo fu celebrato, rispettivamente, a Taverna e Catanzaro, si arriva ai due prelati, fra Serafino da Squillace e Francesco Antonio Spadea, rispettivamente vescovi di Otranto e Aquino-Pontecorvo. Fin a toccare la figura più rappresentativa, Saverio Mattei, giurista, grecista, biblista, poeta arcadico, molto famoso nella Napoli del Settecento e la cui fama si estese per la Mitteleuropa.
E proseguendo, l’elenco annovera due martiri della Repubblica napoletana del 1799, Gregorio Mattei (figlio di Saverio) e Luigi Rossi, entrambi magistrati, entrambi finiti alla forca in piazza Mercato a Napoli il 28 novembre di quello stesso anno. E ancora, il sacerdote e letterato Gregorio Di Siena, di ispirazione liberal-patriottica, studioso di Dante e Manzoni, amico e sodale di Luigi Settembrini e molto stimato da Croce e De Sanctis.
E ancora: Gregorio Pelaggi, cugino di Di Siena, medico a Napoli e autore di una raccolta di poesie anacreontiche; Gino Pelaggi, avvocato a Catanzaro, storico, autore di molti apprezzati saggi intorno a personalità illustri calabresi; Antonio Pelaggi, avvocato, direttore generale della Provincia di Catanzaro, fondatore e primo direttore del Museo provinciale di Catanzaro, autore di due interessanti saggi di storia dell’arte e sulla vita del poeta Andrea Cefaly senior. E infine, Mario Squillace, ultimo aedo di questa terra, sacerdote e studioso di cose calabresi e in special modo di Tommaso Campanella e del cattolicesimo democratico calabrese.
Va da sé che se a ogni piè sospinto ci si richiama a queste personalità non è per ostentare una sterile erudizione o, peggio, per mero spirito di campanilismo. Al contrario, e lo spirito del nostro progetto è appunto questo, è di vedere che cosa è possibile fare per utilizzare quel patrimonio di idee, di valori, di contenuti che quelle personalità hanno prodotto e ci hanno lasciato in eredità a fini contingenti. È pur vero che come ha infelicemente detto un ministro della Repubblica alcuni anni fa che “con la cultura non si mangiare”, o come dicevano i latini “carmina non dant panem”, ma è altresì incontrovertibile che la cultura può, sì, dare da mangiare. Solo se si sanno ben utilizzare gli strumenti giusti e sfruttare gli opportuni canali che la politica comunitaria mette a disposizione.
Mi riferisco in particolare al programma “Next generation UE” e alle notevoli disponibilità finanziarie che il Piano nazionale di ripresa e resilienza mettono a disposizione nel programma per il recupero e la valorizzazione dei centri storici e dei piccoli borghi a rischio estinzione demografica. D’accordo che la maggiore risorsa della nostra realtà è il turismo, specie quello estivo legato al mare; ma è innegabile che ormai il solo mare, il sole per la maggior parte dell’anno, le spiagge pulite non sono di per sé sufficienti. Occorre riqualificare e arricchire tutto questo utilizzando, appunto, la componente culturale, facendo ricorso a tutto quel patrimonio storico, naturalistico, enogastronomico di cui si ha a disposizione per rendere fruibile il bene turismo. Non solo per pochi mesi all’anno ma per un arco di tempo più ampio e in modo diversificato.
In ultima analisi, dicendo ciò penso alle tante prospettive che ci si potrebbero aprire davanti, dagli alberghi diffusi ai parchi letterari – tanto per fare un esempio –, a percorsi interurbani dei saperi e dei sapori, e, perché no, a una politica che miri a promuovere iniziative, come una fiscalità di vantaggio per il centro storico e incentivi urbanistici, per porre un freno al continuo depauperamento demografico di un paese in cui, per la sua storia, la sua cultura, le sue meravigliose tradizioni, sarebbe tutt’oggi bello viverci e operare.
Allora sì, in una siffatta prospettiva varrebbe la pena dire che l’opera intrapresa da quei nostri insigni concittadini non sia stata cosa sterile e vana.
Francesco Pitaro
Comments