Salvini e la citofonata al Pilastro di Bologna. Per il Giudice non ci fu nessuna diffamazione e si procederà verso l’archiviazione
Chiesta l’archiviazione nei confronti di Matteo Salvini per il reato di diffamazione aggravata, (in concorso con altra persona), per la “citofonata”…
Chiesta l’archiviazione nei confronti di Matteo Salvini per il reato di diffamazione aggravata, (in concorso con altra persona), per la “citofonata” eseguita durante il periodo della campagna elettorale delle Regionali in Emilia Romagna, a una famiglia abitante in un edificio del quartiere Pilastro. Come si ricorderà Salvini aveva pigiato il pulsante di un interno sul citofono avviando poi una conversazione con chi aveva risposto.
Ebbene a parere del magistrato a cui è stata affidata l’indagine, valutati gli atti e contestualizzato il fatto, avvenuto nel pieno dellacampagna elettorale in gran parte incentrata sui temi della sicurezza nel quartiere, non sussistono elementi di prova sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio. A querelare il presidente della Lega erano stati i componenti della famiglia a cui Salvini aveva citofonato ed esattamente Fauzi Labidi, Yassin Faouzi Labidi e Caterina Razza.
L’episodio risalente al 21 gennaio 2020, allorché Anna Rita Biagini , residente nel quartiere Pilastro, in via Deledda 18, era stata contattata via Whatsapp dal maresciallo dei carabinieri Piergiorgio Madonno, chiedendole se avesse potuto accompagnare Matteo Salvini a visitare il quartiere. La donna conosceva il maresciallo per aver prodotto tante segnalazioni di danni ai beni comnuni e di spaccio di droga. Intorno alle 19 edi quel giorno il girovagare del leader e della pensionata era stato poi seguito in diretta da giornalisti e teleoperatori sino a cogliere la famosa premuta del pulsante citofonico e la conseguente sequela di frasi intercorse.
Nell’ordinanza di richiesta di archiviazione il pubblico ministero riportata integralmente il dialogo intercorso durante la citofonata.
Dopo aver chiesto educatamente di poter entrare nella loro casa al rifiuto e alla domanda perchè, Salvini risponde ” No.. perchè ci hanno segnalato una cosa sgradevole e vorrei che lei la smentisse… ci hanno detto che da lei parte….una parte dello spaccio della droga qua in quartiere” … E ancora “Ce l’hanno detto dei cittadini …. è una cosa giusta o sbagliata? Ha attaccato… E’ questo qua? E’ Tunisino?” chiede ancora il leader della Lega. Al citofono si alternano due voci maschili diverse, prima il figlio e poi il padre: ” Volevo entrare da lei” insiste Salvini ” A fare cosa replica l’uomo?” ” Ma no – replica Salvini- voglio riabilitare il buon nome della sua famiglia … c’è qualcuno che dice che lei e suo figlio spacciate”.
La conversazione si interrompe bruscamente con Salvini che dice allontanandosi “Va beh, segnaliamo”..
LIl P.M. non ha dubbi: “L’episodio in esame si colloca dunque in questo contesto e le condotte tenute portano con sè questo obiettivo: la critica alla precedente amministrazione in un momento in cui le amministrazioni devono essere rinnovate”.
“Una causa di giustificazione – prosegue il magistrato – che nel caso in specie non pare possa escludersi, ricorrendo in fondo le tre caratteristiche tipicamente richieste: una sostanziale verità del fatto narrato (quantomeno dal punto di vista soggettivo sulla base degli elementi a disposizione), un interesse pubblico alla conoscenza e alla diffusione dell’informazione (quantomeno nei suoi termini astratti così come emersi) e il ricorso comunque ad un linguaggio entro i termini della convenienza”.
Sulla richiesta di archiviazione, i querelanti hanno proposto opposizione e ora toccherà attende il parere del Gip di Bologna che con tutta probabilità chiuderà la querela con un “non doversi procedere”.
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