Si chiude con un altro flop l’ennesima “grande operazione” condotta dal procuratore Gratteri. Domenico Tallini è innocente: lo stabilisce anche la Cassazione
“Distruggendo ingiustamente la mia figura politica, un’intera classe dirigente fatta di bravi amministratori e quadri molto attivi, è stata demonizzata e messa in un angolo. Siamo proprio sicuri che la magistratura non si occupa di politica? I miei 1385 giorni di atroce sofferenza facciano riflettere tutti”
di Riccardo Colao – L’Editoriale del giorno dopo – (Direttore del Quotidiano l’Italiano)
ROMA – Mentre l’ex procuratore di Catanzaro, (da qualche mese trasferito a Napoli dove è al comando di una delle più grandi Procure d’Italia) continua a criticare il Governo in carica e, in particolare, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, arrivano ultimi echi sulle sue indagini. Tradotte – per utilizzare le sue stesse parole – nelle “più grandi operazione degli ultimi 23 anni … indagini da portare nella scuola di polizia giudiziaria e in quella della magistratura anche perché riguardano soprattutto la parte economica e con la ‘ndrangheta che ha messo i suoi uomini direttamente nella gestione del potere”.
Nicola Gratteri – è di lui che scriviamo – ormai noto oltre che per il clamore mediatico che ha suscitato risalto alle sue “grandi operazioni” anche per le frequenti esternazioni contro ogni tipologia della riforma della Giustizia che non sia prona alla conciliazione, su come gestire le procedure delle sue inchieste, ha ricevuto un ulteriore colpo alla sua “diversamente infallibilità”. Il magistrato che è considerato da alcuni (per la maggiore giornalisti che campano di notizie di primissima mano passate direttamente alle redazioni amiche da compiacenti passacarte) un eroe della lotta contro il crimine organizzato (e sicuramente nelle intenzioni lo è a tutti gli effetti poiché è fuor di dubbio che agisca nella massima onestà intellettuale) si erge dietro la cattedra a maestro in grado di impartire lezioni a chiunque.
Sta di fatto però che i suoi colleghi di Corte d’Appello e di Cassazione anziché promuovere la bontà conclusionale delle indagini prodotte dal suo pool, non lo hanno rimandato a settembre ma addirittura lo hanno bocciato manlevando ogni altra pretesa di ricorsi.
Dopo tre anni di processi a colpi di carte bollare tutti gli imputati del processo Stige (mentre l’azienda posta sotto sequestro intanto ha chiuso i battenti lasciando sul lastrico 400 dipendenti) sono stati assolti. Ed erano esattamente quei 26 indagati che avrebbero dovuto dimostrare i collegamenti tra la ‘ndrangheta e i propri “protetti” inseriti nella gestione del potere. Non era vero nulla. Lo hanno stabilito i colleghi di Gratteri, la parte della Magistratura chiamata (diversamente da lui) non ad indagare ma a giudicare! Ha trionfato la verità, nient’altro che la verità!
Come se non bastasse – dopo questo “flop” – ne è arrivato un altro… strepitoso quanto basta per gridare al “grottesco” (sempre per utilizzare termini che fanno parte del vocabolario dell’Italiano-Gratteriano). L’ex presidente del Consiglio Regionale Domenico Tallini – la cui carriera è stata bruscamente interrotta dal mandato di arresto con contorno di accuse infamanti, dopo 36 mesi è stato prosciolto con la formula più ampia da tutte le pretese di farlo apparire un affilato alla ‘ndrangheta”.
Pensate. Un‘intercettazione telefonica tra due soggetti, poco raccomandabili, sarebbe bastata a far scattare i sospetti prima e le teorie accusatorie dopo, con il contorno dell’immancabile mandato d’arresto che aiuta tanto a finire sui tg e sui giornali e ingrandisce l’indagine che altrimenti non avrebbe avuto clamore e attenzione. «Noi abbiamo Tallini»… Da qui la crocifissione dell’uomo politico poi accusato di essere colluso. Già la Corte d’Appello aveva chiarito che «nonostante a primo acchito tali frasi abbiano un’indiscutibile valenza indiziaria», non superano «la prova decisiva dei fatti» e si rivelano prive di «concretezza e significatività». Oggi, cioè ieri, la Cassazione ha confermato la non sostenibilità di tutto l’impianto accusatorio. Allora ci chiediamo: non sono stati bravi i pm a dimostrare la colpevolezza di Tallini o sono stati bravi i magistrati giudicanti a capire che il teorema gratteriano era solo – come usano dire i bravi chef – tanto fumo e poco arrosto?
Sta di fatto che, a parte i processi ancora in ballo che devono sviluppare le altre fasi (appello e cassazione) e che quindi son soggetti a clamorose svolte finali il “boom” delle inchieste propagandate come le “più grandi operazione degli ultimi 23 anni …indagini da portare nella scuola di polizia giudiziaria e in quella della magistratura” si sta afflosciando parimente a quei palloncini colorati che a fine festa, dal soffitto, calano mestamente sul pavimento con gli ultimi ospiti che – prima di andarsene – si divertono a farli scoppiare…
Il Presidente Tallini – appresa la notizia dai suoi avvocati ha dichiarato dal canto suo: “Finisce un incubo iniziato quella mattina del 18 novembre del 2020 quando, senza avere mai fatto nulla di male, mi è stato notificato un ordine di arresto ai domiciliari. Sono passati 1385 giorni ma non ho mai perso, neppure per un attimo, la fiducia nella Giustizia Vera, nella Giustizia Giusta, quella che non ha bisogno di una continua esposizione mediatica, magari per costruire brillanti carriere. Uno dopo l’altro i punti del teorema accusatorio sono stati ritenuti inesistenti dai vari giudici “terzi” chiamati a giudicarmi: il tribunale del riesame che ha annullato l’arresto, la Cassazione che ha respinto il ricorso del pm, il giudice monocratico e la Corte d’Appello che mi hanno assolto da ogni accusa con la formula più ampia prevista dal nostro ordinamento, il fatto non sussiste”.
“Sono grato agli avvocati Ioppoli, Zimatore e Petitto che davanti ai vari livelli di giustizia hanno dimostrato la mia totale innocenza e la mia distanza siderale dai gruppi criminali che infestano la Calabria. Di questi 1385 giorni cosa rimane? Restano le macerie e le ferite ingiustamente inflitte ad una famiglia. Resta la devastazione di un’esperienza politica che si è sempre alimentata del voto libero, trasparente, onesto e democratico di migliaia di catanzaresi e calabresi. Resta una macchia ingiustamente lanciata sull’istituzione regionale, colpita nel suo massimo esponente. Non ho mai usato la parola complotto in questi interminabili e dolorosi quattro anni, ma oggi non posso escludere a priori che qualcuno possa avere tratto beneficio da questa allucinante inchiesta. Certamente a qualcuno roderà la coscienza. I danni sono irreparabili. Qualche giorno fa l’avvocato Gian Domenico Caiazza, già presidente dell’Unione Camere Penali, ha osservato che un’inchiesta in Calabria nel 2021 ha posto fine all’attività di un’azienda con 400 dipendenti. Tutti gli accusati sono stati assolti perché il fatto non sussiste, ma nel frattempo l’azienda è stata distrutta e praticamente è irrecuperabile. Distruggendo ingiustamente la mia figura politica, un’intera classe dirigente fatta di bravi amministratori e quadri molto attivi, è stata demonizzata e messa in un angolo. Siamo proprio sicuri che la magistratura non si occupa di politica? I miei 1385 giorni di atroce sofferenza facciano riflettere tutti”.
“Se ancora posso guardare con fiducia alla Giustizia Vera lo devo a magistrati che non si sono fatti abbagliare dalle luci dei talk show e tentare dal demone del giustizialismo mediatico, ad avvocati che credono nella loro insostituibile funzione, alla mia meravigliosa famiglia e ai tanti amici che non hanno mai dubitato di me, nemmeno un attimo, nemmeno nei momenti più bui”
Come dare torto a Domenico Tallini? Come dare ragione a chi conduce le inchieste sulla base di teoremi che producono riscontri flebili nelle fasi di giudizio, dove le prove servono, e non possono bastare gli indizi raccolti e collegati dal nulla mischiato col niente?
I flop dimostrano come non esistano ragioni o presupposti validi per mantenere la coesistenza nel corpo della Magistratura di figure inquirenti assieme a quelle giudicanti. La separazione delle carriere è indispensabile. Un Giudice sconfessato nella conclusione oggettiva del suo operato o che sbaglia per eccesso di protagonismo e che non paga per gli errori di impostazione, a parer nostro, non può essere “magistrato”; egli è un’entità che rappresentando l’accusa non ha alcuna ragione di sudare per scovare le prove a vantaggio dell’accusato… Soprattutto se quell’indagato è un “Ponte” che attira i flash dei fotografi e delle telecamere di tv private e pubbliche… Non si combattono la mafia, il malcostume, la criminalità organizzata con le passerelle mediatiche… e chi è convinto del contrario produce l’unico risultato: quello di costruire il monumento a se stesso!
Riccardo Colao
Domenico Tallini: “Di questi 1385 giorni cosa rimane? Restano le macerie e le ferite ingiustamente inflitte ad una famiglia. Resta la devastazione di un’esperienza politica che si è sempre alimentata del voto libero, trasparente, onesto e democratico di migliaia di catanzaresi e calabresi. Resta una macchia ingiustamente lanciata sull’istituzione regionale, colpita nel suo massimo esponente”.
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