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Tour alla ricerca degli antichi sapori della cucina Italiana regionale: mangiare e bere in Calabria come ai tempi della Magna Graecia

UN PRANZO CALABRO Tra fiumi di ginepri, essenze di cedri, gelsomini e profumo di bergamotti, la Calabria, da sempre chiusa…

By L'Italiano , in Rubriche Spettacolo , at 21 Aprile 2021 Tag: , , , ,

UN PRANZO CALABRO

Tra fiumi di ginepri, essenze di cedri, gelsomini e profumo di bergamotti, la Calabria, da sempre chiusa nel silenzio mistico del suo Sud, tra secchi, fienili, case coloniche rivendica il ruolo di genuinità più pura nella cucina tradizionale investendo nei suoi prodotti peculiari coinvolgendoli nella eccellenza territoriale mutuando i prodotti tipici con i suoi profumi e sapori

di Mary Maria Mazza (dalla redazione romana)

Mary Maria Mazza curatrice della rubrica

Una nuova rubrica: la cucina tipica italiana, inizio con la mia terra: La mia amata Calabria, dove ebbi origini, esattamente a Belcastro in Provincia di Catanzaro.

 Ed eccoci alla ricerca dei piatti della cucina italiana e ne ho individuato uno dei piatti più tipici della tradizione della Calabria.

E appunto parliamo di questa regione, la punta dello stivale, una delle regioni più antiche d’Italia che si affaccia nelle splendide acque del Mar Ionio e del Mar Tirreno.

Questa terra soleggiata, con la sua natura misteriosa con i suoi profumi d’agrumi, ci porta nell’entroterra, facendoci ammirare paesaggi incontaminati, con le immense distese di verde.

 Le antiche origini di questa meravigliosa regione, gli splendidi colori del mare, le coste rocciose e i sapori genuini della cucina locale rendono la Calabria un posto unico, da ammirare sia d’estate che d’inverno. Il tutto rispettando la natura, l’ambiente e soprattutto i prodotti genuini. Il nostro Paese ci regala sempre bontà di ogni genere e ognuna delle sue regioni conserva qualche peculiarità. La Calabria in particolare è una terra ricca di eccellenza, non solo nel campo turistico, ma soprattutto per quanto riguarda i prodotti enogastronomici. La perla del Mediterraneo è molto florida, quanto troppo sottovalutata, poiché ha tanto da offrire al resto d’Italia e al mondo. Una delle sue primizie è la liquirizia DOP, detto l’oro nero di Calabria, la migliore in assoluto che ha costituito per la punta dello stivale una potenziale ricchezza, perché esportato in tutto il mondo per essere usato in erboristeria, nell’industria farmaceutica e per la produzione di liquori e dolci. Poi c’è la cipolla di Tropea, conosciuta anche come “l’oro rosso di Calabria”, l’eccellenza agroalimentare del nostro Paese conosciuta in tutto il mondo per il suo gusto dolce e gradevole. La cipolla rossa di Tropea, sia cotte che crude possono essere utilizzate per dare gusto e sapore alle nostre prelibatezze culinarie: baccalà al forno con cipolle, cipolla al gratin, cipolla con fagioli, marmellata di cipolle da accompagnare con diverse tipologie di formaggi, ecc. Un’altra eccellenza conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo è il bergamotto, prezioso patrimonio botanico della costiera di Reggio Calabria. L’agrume calabrese famoso, di origine antichissime, la cui essenza è alla base di molti profumi e cosmetici. Tra i prodotti più conosciuti al di fuori del campo della cosmetica e della profumeria in cui viene usato l’olio essenziale di bergamotto vi è il tè Earl Grey. Un altro prodotto molto importante e indispensabile per dar sapore alla cucina tradizionale è il peperoncino, l’arma segreta per dare vita ai primi piatti dal gusto unico e originale, dal profumo e dall’aroma inconfondibile, adatto anche all’utilizzo in molte ricette tradizionali grazie alla sua piccantezza medio-bassa. Tra le varietà di peperoncino calabrese vi è il Diavolicchio: un ottimo peperoncino nostrano, dalla piantina molto produttiva, facile da coltivare nell’orto o in vaso.

Dunque un ingrediente basilare insieme al pepe nero in grani e semi di finocchio selvatico soprattutto per il condimento dell’insaccato più famoso, la soppressata, preparata con le parti migliori della coscia del maiale, tritata e prive di nervi e insaccandole in budello naturale, dopo essere stato lavato con acqua, vino e limone. Una volta riempito il budello, viene forato con uno spillo e legato a mano. Il tutto viene poi lasciato asciugare in aria. In passato venivano appese alle travi del tetto a tegole nelle case di campagna, dove in inverno con il caminetto acceso conferiva una leggera affumicatura. Una volta stagionato per almeno un mese, si può consumare o conservare per l’estate in vasi di cocci (salaturi) con una pietra sopra per tenerla al di sotto del livello dell’olio. Poi c’è la ‘nduja, regina per eccellenza di questa terra, insaccato di carne di maiale e peperoncino piccante, che con il suo sapore intenso e deciso è divenuto il simbolo calabrese, nasce storicamente dietro l’esigenza di utilizzare anche le parti meno pregiate del maiale. Soprattutto in passato, infatti, era composta prevalentemente da cotiche e frattaglie. La ‘nduja che conosciamo oggi è un insaccato morbido e pastoso, dal sapore avvolgente e piccante, capace di insaporire sughi, bruschette, pizze, valorizzare formaggi stagionati, esaltare il gusto di piatti semplici come legumi e pasta, piatti a base di carne e pesce. Per accompagnare e degustare queste prelibatezze non poteva mancare il Cirò, prodotto in tre tipologie diverse: Bianco, Rosso e Rosato e si distingue per il suo profumo fruttato, avvolgente e intenso. Nelle sue varietà Rosso e Rosato si presta bene con i piatti a base di selvaggina, arrosto, carni rosse, si sposa bene anche ai primi piatti con condimenti saporiti: (sughi a base di carne o insaccati). Invece il Cirò Bianco è un ottimo aperitivo, servito freddo accompagna bene il pesce, sia sotto forma di antipasti, primi piatti, tagliate, cruditè o specialità al forno.

‘mparrettati (o ricci e fimmina scilatielli

La cucina calabrese è una cucina povera, di origine contadina, con numerosi piatti fortemente legati alle ricorrenze religiose: a Natale e all’Epifania era usanza mettere in tavola tredici portate, mentre a Carnevale si mangiavano i maccheroni (detti ‘mparrettati)con polpette e carne di maiale. La Pasqua si festeggia con l’arrosto d’agnello, i cuddruriaddri e i pani spirituali e così per le altre feste. Ogni evento della vita (nozze, battesimi, ecc) si festeggia con una cena o pranzo particolare.

Le ricette a base di prodotti tipici

Tante le sue ricette tipiche e tradizionali, tra cui spiccano i maccheroni particolari per la loro laboriosità, ovvero gli “ ‘mparrettati”, chiamati così nella zona del Catanzarese, mentre nel Cosentino sono detti fusilli e nella Sila scilatielli o ferretti. Arrotolati a spirale intorno al ferro di calza Ricci i Fimmina (ricci di donna). Sono dei maccheroni tipici calabresi casarecci eseguiti con lavorazione al ferretto, semplici, fatti con acqua e farina. La tradizione calabrese vuole che ogni ragazza per essere all’altezza di un uomo, deve essere capace di preparare la pasta in casa. In passato ogni giovane donna calabrese, riceveva tra le dotazioni del proprio corredo da sposa, anche un ferro speciale simile ad un ferro da calza. I maccheroni continuano ad essere lavorati a mano in molte case e tradizionalmente sono abbinati al ragù fatto con carne di maiale, pomodoro, cipolla, alloro, e vino rosso.

Preparazione

Per preparare questi meravigliosi maccheroni al ferretto, occorrono 500 g. di farina di grano duro più altra per spianatoia e 250 g. di acqua naturale. Versare sulla spianatoia la farina a fontana. Formare un incavo e versare delicatamente l’acqua. Con una forchetta miscelare lentamente l’acqua alla farina, quando tutto l’acqua sarà stata assorbita usare le mani e impastare per qualche minuto. Ottenuto il composto lasciare riposare nella pellicola per 30 minuti. Trascorso il tempo di riposo, ricavare dalla pasta dei cilindretti, sui quali viene esercitata una leggera pressione con il ferretto, in modo da ottenere una cavità al centro che successivamente viene sfilato. Cuocere i maccheroni in abbondante acqua salata.

Un altro emblema della tavola calabrese sono le melanzane, infatti i calabresi sono considerati i maggiori consumatori di questo ortaggio, tanto da avere il primato con il maggior numero di ricette che vanno dagli antipasti ai contorni. Oggi parliamo delle melanzane ripiene, un classico dell’antica cucina tradizionale estiva calabrese che si declina in più versioni e infinite varianti familiari e locali.

Melanzane ripiene (in dialetto e milingiane chjine)

Un altro piatto tradizionale che non può mancare sulle tavole calabresi sono le melanzane ripiene di carne, in Calabria (e milingiane chjine). E’ uno dei piatti di Ferragosto, quando ci si ritrovava per festeggiare questa giornata al mare o nella Sila.

Ingredienti:

6 melanzane medie, olio di oliva, 400 g. di passata di pomodoro, 300 g. di carne macinata, ½ cipolla di Tropea, 2 uova sode, 50 g. di pane raffermo, ammollato nell’acqua e sbriciolato, parmigiano reggiano e pecorino: q.b, 150 g. di caciocavallo silano, 1 spicchio d’aglio, prezzemolo: q.b,. sale q.b., pepe: q.b.

Lavorazione

Lavare le melanzane, asciugarle, dividerle a metà e con l’aiuto di un coltello scavare la polpa. In una pentola portare in ebollizione l’acqua salata ed immergere i gusci delle melanzane. Stesso procedimento in una pentola differente per quanto riguarda la polpa. Una volta cotte fare scolare bene. In una pentola fare imbiondire l’aglio con un po’ d’olio, aggiungere il sugo e far cuocere. Il sugo deve rimanere un po’ liquido. In una padella far soffriggere la cipolla tritata con l’olio, aggiungere la carne macinata e fare rosolare, sfumare con un po’ di vino rosso. In un recipiente versare la carne, le uova sode tagliate a dadini, il pane ammollato nell’acqua e strizzato, la polpa delle melanzane strizzate e tagliate, il prezzemolo tritato, il pepe, il parmigiano e il pecorino grattugiato, un pizzico di sale. Amalgamare il tutto. Prendere i gusci di melanzane, mettere sul fondo una fettina di caciocavallo silano e farcire con il composto. Sporcare una teglia da forno con il sugo al pomodoro, disporre le melanzane, ricoprire di sugo e spolverizzare con il parmigiano. Infornare a 180° C per 20 minuti. Si possono mangiare sia calde che fredde.

Buon appetito dalla vostra Mary!

Le origini

La cucina calabrese, è stata condizionata è legata alla vita religiosa e spirituale, anche alle ricorrenze che risalgono ai tempi antichi, di quasi 3.000 anni di storia, dalla Magna Grecia ai giorni nostri.

La cucina calabrese è, come tutti ben sappiamo, una cucina dal sapore piccante. L’elemento base che la caratterizza è infatti il peperoncino, che viene utilizzato in tutti i modi, crudo o cotto, per insaporire i primi e le carni. La Calabria è infatti una regione dove si usa quotidianamente questo elemento ed i salumi che lo contengono sono tra i più famosi al mondo.


La cucina tipica regionale calabra è una cucina povera, casalinga e soprattutto molto legata ai riti della tradizione religiosa cristiana. Infatti, durante le varie feste nel corso dell’anno, si preparano piatti diversi legati proprio a ogni ricorrenza, come l’agnello per Pasqua o lo Stoccafisso con le patate per Natale. Durante tutto il resto dell’anno, la cucina calabrese è caratterizzata da piatti poveri come le acciughe sotto sale e le Frittole.



Con le acciughe si possono cucinare tanti piatti diversi, come gli Spaghetti all’alici e pangrattato, oppure le crepes o crispelle con alici, tradizionalmente preparate per il giorno di Natale; sono chiamate “Crispeddi chi lici” e sono delle frittelle di pasta lievitata al cui impasto si aggiungono dell’alici sotto sale, precedentemente lavate e asciugate, e qualche pomodoro secco.

Uomini di penna che sono diventati famosi. Calabresi sono molti ieri ed oggi. A

Crotone Pitagora, Cosenza Telesio, a Sambiase Costabile, a Melicuccà Calogero, Poi nel tempo: Tommaso Campanella, Corrado Alvaro, Leonida Repaci, Mario La Cava, Francesco Perri, Saverio Strati.

Strati nasce in aspromonte. Lo stesso Aspromonte di Corrado Alvaro e della sua gente in Aspromonte. La stessa terra di Francesco Perri.

Carmine Abate, con Campiello meritatissimo, Gioacchino Criaco; Daniel Cundariri, Francesco Bevilacqua Santo Gioffrè Pino Macrì gli inediti straordinari di Eduard Lear che ne disse di belle dopo il suo viaggio in Calabria

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