Sul capo degli eroi il cappello alla Calabrese
Dal dipinto “il bacio”, alle cinque giornate di Milano e non solo di Romano Scaramuzzino Tutti conosciamo o, quantomeno, abbiamo…
Dal dipinto “il bacio”, alle cinque giornate di Milano e non solo
di Romano Scaramuzzino
Tutti conosciamo o, quantomeno, abbiamo visto, almeno una volta, in immagine, il dipinto “Il bacio”, del pittore veneto Francesco Hayez.
L’opera fu realizzata nel 1859 ed è attualmente custodita presso la Pinacoteca di Brera, a Milano. La prima cosa che si evidenzia, da questo lavoro dell’artista italiano, effettuato per commissione del conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto, è, certamente, il bacio passionale tra i due giovani innamorati. In seguito, però, non potranno sfuggire, all’occhio attento di chi lo guarda, l’abito del ragazzo, la sua posizione (con un piede su uno scalino), come se il giovane fosse pronto ad andar via, il coltello indossato sul suo fianco e, sul capo, un cappello particolare. Quest’ultimo è detto alla calabrese.
È proprio durante il Risorgimento, infatti, che i calabresi indossarono, come emblema di lotta contro gli oppressori stranieri, tale copricapo, adottato non solo dai calabresi stessi, durante i moti di Cosenza del 1844 e quelli del 1847 a Reggio e Gerace, ma anche dai milanesi, durante le famose Cinque giornate di Milano, che portarono alla temporanea liberazione della città dal dominio austriaco e che si svolsero tra il 18 e il 22 marzo 1848.
Fa piacere notare (durante la nostra ricerca storica per la stesura di quest’articolo, nda) che un sito online, tramite la firma di Patrizia Cecconi, rammenti in questo modo l’evento:
“quei calabresi arrivati circa 170 anni fa in Lombardia, non come migranti ma come patrioti. Furono circa duecento e sapevano sia pensare che combattere, la loro presenza fu molto importante, ma pochi ricordano il loro apporto al Risorgimento nel Lombardo-Veneto.
Mi piacerebbe parlare anche di quel cappello“alla calabrese” foriero di un terrore tale per l’occupante austriaco che, il 15 febbraio del 1848 con un decreto poliziesco, ne proibì l’uso. Un decreto che neanche le fucilate austriache riuscirono a far rispettare.“
Anche la patriota milanese Cristina Trivulzio di Belgiojoso si farà ritrarre mentre lo indossa (come vediamo nell’immagine).
Il cappello alla calabrese sarà conosciuto anche nell’opera lirica Ernani, dato che Giuseppe Verdi farà indossare tale berretto al protagonista, il suo eroico bandito.
Non è esente neanche il corpo glorioso degli Alpini, dal portare questo cappello sul proprio capo, sin dal 1872, data della loro costituzione.
Il cappello alla calabrese, simbolo di tutti gli italiani che si sacrificarono per gli ideali di libertà del nostro Paese, vive ancora nella storia, ma anche in quegli aggregati di intenti di tutti coloro che, insieme, mirano al prestigio della nostra Italia.
Il cappello alla calabrese, diventerà così, il cappello degli italiani tutti, perché, al nostro popolo, nessuna distanza geografica potrà rubare quello che lo unisce, ovvero conoscere il proprio passato per creare un presente e un futuro degno di noi italiani.
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