Sunday, April 28, 2024
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A Catanzaro Village si parlerà di “Colpo al Sistema” scritto da Giovanni Paolo Bernini, con prefazione di Vittorio Feltri e presentazione di Riccardo Colao. Il libro edito da Titani Editori che per primo in Italia ha svelato i rapporti tra un pm, il PD emiliano e la ‘ndrangheta riceverà il primo battesimo nella terra di Calabria

Mentre si avvicina la data del 4 agosto quando il volume sarà presentato a Crotone, Catanzaro Village in una straordinaria diretta streaming anticipa quel che saranno le rivelazioni che scaturiranno nel corso della nuova presentazione

By L'Italiano , in Cronaca Italiana In Evidenza Letteratura Politica Italiana Rubriche , at 24 Luglio 2023 Tag: , , , , ,

di Ivan Trigona – per il Quotidiano l’Italiano

CATANZARO – Il PD, più volte finito in terapia intensiva, può contare, da poco tempo, sulla medicina del nuovo segretario politico. Però il PD (e in particolar modo quello emiliano, capitanato da Bonaccini perdente nel braccio di ferro con la “neo indossatrice” Elly Schlein) non può più sfuggire alla valanga di prove documentali raccolte e pubblicate in un volume esplosivo intitolato: COLPO AL SISTEMA – ‘ndrangheta, pd e il pm prestato alla politica”, a firma di Giovanni Paolo Bernini (ex consigliere comunale e Presidente del Consiglio a Parma) edito da Titani Editori, con prefazione del giornalista e direttore del quotidiano Libero, Vittorio Feltri e presentazione di Riccardo Colao direttore del quotidiano l’Italiano.

Come ebbe a dichiarare Indro Montanelli nel corso di un’intervista rilasciata allo scrittore Alain Elkann «… Il peggior lascito, involontario, di “manipulite” perché i procedimenti furono talmente pubblicizzati, reclamizzati, portati sul grande palcoscenico pubblico che stimolarono in tutti i magistrati italiani una gran voglia di protagonismo e di concorrenza nella pubblicità… Intendiamoci bene la Giustizia italiana ha anche le persone serie e di queste persone serie però si è persa traccia perché le persone per bene non fanno…non fanno notizia… non fanno baccano… non appaiono sulle prime pagine dei giornali… non lasciano dichiarazioni incendiarie. Tutto questo è avvenuto a causa dei mezzi di comunicazione che hanno seminato in una professione che dovrebbe attenersi alla riservatezza assoluta, questo virus del protagonismo che ormai travolge tutto è diventata una categoria di pagliacci che pur di apparire sulle prime pagine dei giornali inventano pure i processi».

Le parole, le dichiarazioni, il giudizio del grande giornalista, Indro Montanelli rifanno capolino nell’anticamera del cervello e tornano in mente, anche se son trascorsi tantissimi anni da quando vennero registrate. Ci paiono – però – verosimilmente – quanto mai attuali, per essere applicabili all’evento giudiziario legato a Giovanni Paolo Bernini.

Come non fosse bastato il caso Tortora, e via via che se ne presentava la ghiotta occasione, i tanti altri (a partire dai processi inventati nei riguardi di Silvio Berlusconi per finire a quelli costruiti ad arte contro Salvini) similari e indegni di una cultura giudiziaria garantista per Costituzione, il clima politico e giudiziario dell’Italia modello “seconda repubblica” è stato fortemente inquinato dalle ingerenze dei pm d’assalto a cavallo delle loro ipotesi accusatorie basate sulle personali convinzioni più che su solide fondamenta.

Come il lettore potrà facilmente intuire (comunque sia politicamente orientato in ogni direzione della rosa dei venti di partito) la ricerca della verità dovrebbe essere lo scopo principale di chi è preposto – dopo aver vinto un pubblico concorso – a giudicare i comportamenti lesivi dei cittadini verso gli articoli ospitati nel Codice Penale. Accade invece (negli ultimi tempi con inquietante frequenza) che alcune “mele marce” (chiamiamole così o preferite “i furbetti” del “sistema”?) antepongano interessi personali e quelli dei partiti politici, in cui si sentono rappresentati o dai quali sperano d’essere raccomandati per avanzare in carriera, fottendosene allegramente del reale compito a cui hanno prestato giuramento.

La ricerca della verità, che emerge da indagini scrupolose, svolte acquisendo elementi probanti sia a favore che contro l’indagato, senza guardare in faccia a nessuno… è la missione principale di un magistrato onesto che ha a cuore la Giustizia nel senso più alto del termine

Accade però (già dai tempi di “Mani Pulite” quando lo stesso Tonino Di Pietro dovette ammettere che non era possibile indagare e inchiodare il PCI per sopraggiunta amnistia) sempre più di frequente che i “furbetti delle procure” (e nel caso quelli in salsa emiliana) coltivassero (in segreto) il “vizietto” di perseguire gli avversari politici tralasciando di procedere contro coloro che invece tenevano le mani in pasta, e qualche scarpa, nella “malabellavita” della ‘ndragheta calabrese emigrata al Nord.

Il tema esplosivo del libro (“Colpo al Sistema” non è un romanzo bensì l’indagine che descrive – con compiutezza di dati e parecchie sensazionali ed esclusive oltre che inedite informazioni – snocciolando e distillando al lettore, purissima e sconvolgente nettare di verità; il “book” si spinge a descrivere fatti che non sono episodi inventati; parla di personaggi viventi che non sorgono frutto di abilità letteraria…. Quel che è accaduto – nell’arco di tempo in cui tutto avviene – è realtà allo stato “brado”.

Bernini la porge in modo garbato, com’é nel suo stile di uomo al quale è stata distrutta (o glielo auguriamo di cuore solo momentaneamente bloccata) la carriera politica; i protagonisti a cui si riferisce sono uomini delle istituzioni che vivono di carta bollata e si servono del potere concesso dallo Stato per agire come non si dovrebbe, di affiliati alla malavita organizzata che pullulano nella ricca terra ove Guareschi aveva trovato la giusta location per le figure del “parrino” Don Camillo e del sindaco (comunista tutto d’un pezzo, dal baffo staliniano) Peppone. Ma erano altri tempi… quando bastava una scazzottata, uno scherzo di ripicca, qualche pacca sulle spalle o una bevuta in osteria ad evitare il ricorso nelle aule di tribunale.

Oggi gli ex compagnucci del PCI, costretti per sopravvivere a mutare simboli, bandiere, a rifugiarsi prima negli acronimi del PDS, poi DS, quindi nell’Ulivo prodiano sotto l’ala del “grand commis”, prodotto dagli antichi nemici democristiani e infine nel PD (plagio mal riuscito del partito democratico made in USA), vivono momenti di scarsa lucidità e vanno capiti: tra batoste elettorali e sputtanamenti vari non avrebbero mai immaginato che un Bernini potesse assestare loro l’efficacia letale del “Colpo al Sistema“..

Come dimostrato (in abbondanza) nello scambio di frasi rilevate nelle chat intrattenute dall’ex capo dell’Associazione Nazionale Magistrati, dott. Luca Palamara (quello che l’allora presidente della Repubblica on. Cossiga non esitò a definire pubblicamente in tv: “Faccia di tonno” per poi aggiungere che “L’associazione nazionale magistrati è un’associazione sovversiva e di stampo mafioso“), il “Sistema” prevedeva che certi posti, in talune procure, in alcune città d’Italia fossero attribuiti secondo la logica spartitoria correntizia. Una specie di “manuale Cencelli” prestato alla casta togata.

Giovanni Paolo Bernini, “forzista” indagato e rinviato a giudizio, dopo aver intascato due assoluzioni (fortunatamente esistono i giudici inquirenti e quelli “giudicanti” che sovente non esibiscono gli anelli al naso e leggono le carte sino al punto da demolire i castelli accusatori basati sul nulla) per non aver commesso il fatto, da cittadino, ingiustamente infangato dalle “ipotesi” accusatorie inventate, infarcite e sostenute da teoremi basati sulle “chiacchiere e pinzillacchere” ha reagito. Sì, ha reagito come poteva: con la carta, la penna e l’inchiostro del calamaio. Armi permesse dalle Legge e dalla Costituzione. (art.21).

Ha indossato i panni di “indagatore” verso colui che gli era corso appresso, per evitare di percorrere la pista che l’avrebbe condotto ai veri intrallazzatori… e che l’avrebbe magari esposto a perdere l’amicizia del partito a cui “lor signori” erano iscritti… E che cosa scopre Bernini? Che il magistrato che voleva incastrarlo si era rivolto all’allora collega Palamara perché gli venisse assegnata la sede prescelta; Bernini, “elementare Watson“, rivela che l’inquirente si era fatto raccomandare da qualcuno parecchio vicino al PD … Quattro sostituti procuratori (giovani promettenti dottoresse degne della toga indossata) segnalando i comportamenti sospetti al CSM ottengono che il giudice, mescolante le indagini alle personali aspirazioni, finisca a subire il trasferimento immediato (e gli è andata di lusso) ad altra sede con l’obbrobriosa motivazione della manifesta “incompatibilità ambientale“… Nel frattempo i veri colpevoli della “connection” tra politica emiliana emalavita organizzata son riusciti a farla franca, mentre s’è persa l’occasione di ripulire l’Emilia dall’opprimente e ramificata presenza della ‘ndrangheta calabrese,

Per aiutare il lettore a comprendere nel migliore dei modi ciò che è accaduto in “terra d’Aemilia” il volume di Bernini è articolato su due tomi. Il primo riguarda la vicenda in relazione ai fatti, il secondo approfondisce quel che è emerso dopo il riconoscimento dell’innocenza dell’autore, utilizzato – come provato – nel ruolo di bersaglio al fine di distrarre l’attenzione della pubblica opinione, dai politici effettivamente in combutta con la ‘ndrangheta, per recuperare consensi alle elezioni, anche con voti orientati dai boss. (Diteci cari amici lettori se esistono informazioni di altri casi in Italia, a riguardo di manifesti elettorali diffusi e affissi da taluni candidati del PD nelle zone di Cutro (località calabrese). quando le elezioni amministrative si svolgono a distanza di ottocento kilometri nella ridente e paciosa “Aemilia”).

Giovanni Paolo Bernini – è bene precisarlo – a differenza di chi mescolava indagini e ambizioni, non racconta inutili chiacchiere o teoremi… con una prosa nitida, precisa, ricca di particolari, di riferimenti, di cattivi pensieri contornati e sostenuti da prove concrete, espone quanto realmente vissuto e consumato sulla sua pelle di uomo, di cittadino italiano e di politico.

Il tema trattato a riguardo della maxi-inchiesta giudiziaria, esercitata contro la ‘ndrangheta al Nord Italia, parte dopo il coinvolgimento che l’aspira nel tritacarne tribunalizio e lo rigetta nella gogna mediatica dello sputtanamento sulla base del mero convincimento di un “pm” che, anziché “gettarsi a sinistra” come avrebbe suggerito il comico principe De Curtis (in arte Totò), svolta “a destra” convinto che le armi di “distrazione di massa” siano utili a distruggere gli avversari e giovare al partito a cui, ideologicamente, aspirerebbe a sentirsi vicino o forse debitore di qualche nomina.

E come va a finire? Lo abbiamo anticipato nelle righe precedenti ma è bene ripeterlo: le responsabilità della ben individuata fazione politica sono rimaste inesplorate, lasciando illibata la carriera degli “onorevoli Trombetta” e di qualche ex ministro.

Le tesi, che Bernini dimostra, ricevono conferma in primis dalla sentenza del Plenum del C.S.M. (il magistrato Mescolini è stato sollevato dall’incarico, allontanato e trasferito per “incompatibilità ambientale” dalla Procura reggiana) e, successivamente persino dalle dichiarazioni dell’ex Sostituto procuratore antimafia Roberto Pennisi, verità ben espresse contenute nella relazione, a sua firma, pervenuta sul tavolo del contemporaneo ministro della Giustizia dott. Carlo Nordio.

“Colpo al Sistema” è il “sequel” di “Storie di ordinaria ingiustizia”. Ma nel volume il lettore troverà entrambi. Il nuovo testo riparte dalla sentenza che riconosce gli errori del “pm” estendendosi sino alle recenti esplosive dichiarazioni su ciò che realmente accadde, in ambito dell’inchiesta “Aemilia”, scoperchiando la pentola dei rapporti intercorrenti nel “Sistema” a partire dalle intercettazioni tra Palamara e gli amici e gli amici di Palamara con altri amici.

L’autore Giovanni Paolo Bernini, oltre che protagonista, suo malgrado, di un’inchiesta che non avrebbe dovuto occuparsi di lui, è stato riconosciuto innocente da ogni accusa formulata con l’evidente scopo di azzopparlo politicamente. La sua vita a partire dai terribili momenti in cui apprende, dagli schermi della tv, mentre a Roma cena in trattoria, di scoprirsi “latitante” è mutata. Tuttavia è proprio da quegli istanti che ha riesumato il coraggio, la voglia, la forza di combattere, per affermare come non tutti i cittadini italiani siano disposti ad accettare supinamente gli errori di chi dovrebbe amministrare la Giustizia, tenendo da parte i personali preconcetti ideologici.

Forse altri avrebbero pensato a ricostruire la carriera politica interrotta, si sarebbero dedicati a rabberciare la professione spezzata, lui, invece, ha ritenuto di profondere tempo e risorse per scendere in campo, e combattere, in prima persona, solo contro tutti, a difesa dell’onore e della verità, il malcostume, made in Italy, che risponde alla mancata “responsabilità civile del magistrato che sbaglia”, o peggio a quella tipologia di “giudice furbetto” che sbaglia consapevole di sbagliare per fini politici a difesa del partito a cui chiede favori … Lo ha fatto per sé e per quelli che continuano a volergli bene e a sostenerlo, ma se ci si pensa bene, lo ha fatto anche per tutti gli italiani onesti che continuano a credere nella Magistratura repubblicana quale baluardo ai soprusi e alle ingiustizie.

Il volume sta arrivando. Coming soon, si direbbe in linguaggio di promo cinematografica. Chi desidera può già ordinarlo in anteprima assoluta cliccando sul link che compare alla fine dell’immagine di copertina.

Riccardo Colao

Nell’immagine la copertina del libro: COLPO AL SISTEMA

https://store9093240.ecwid.com/COLPO-AL-SISTEMA-ndrangheta-pd-e-il-pm-prestato-alla-politica-Giovanni-Paolo-Bernini-Titani-Editori-p551373487

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Un post apparso sui social che ritrae i protagonisti

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