Aborto. Pro Vita Famiglia: D’Amato fa spot elettorale promuovendo la pericolosa Ru486
Al Governo chiediamo misure e interventi concreti e strutturali, insieme a un fondo per la vita nascente, che possano custodire le donne e i nascituri. Rifiutiamo una società che indichi un essere umano come un problema, che indichi la morte come soluzione. Invochiamo una società giusta che si prenda cura di tutti, dal più piccolo figlio nella pancia della mamma, al malato, al nonno nel letto di un ospedale», il commento di Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia.
di Ivan Trigona per il Quotidiano l’Italiano
ROMA – «Il candidato Pd alla Regione Lazio Alessio D’Amato pubblica nelle sue storie le parole di una ginecologa, Anna Pompili, membro dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) della Coscioni, che plaude e incentiva l’assunzione, a casa, della pillola abortiva RU486. – così ha dichiarato ai nostri microfoni Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia Onlus per poi riprendere – Consideriamo l’aborto sbagliato in qualsiasi caso perché sopprime un innocente, ma la RU486 è ancor più pericolosa per la donna, e questo va detto per amore di verità.
Ci domandiamo: perché, nonostante l’aborto chimico sia più pericoloso di quello chirurgico, viene così tanto sponsorizzato? Inaccettabile parlare di soldi e del “risparmio” per le casse della Regione Lazio quando è in gioco la salute e la vita delle donne. – ha proseguito Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia Onlus – Se il candidato alla regione Lazio, già assessore alla sanità, ha bisogno di conferme che l’aborto farmacologico ha un profilo di sicurezza inferiore rispetto a quello dell’IVG chirurgica, oltre che aumentare gli aborti forzati, e le violenze contro le donne, può leggere il libro di Renata Klein, femminista radicale e, ahinoi, pro choice.
Per me l’aborto è e sarà sempre impensabile, ma reputo gravissimo raccontare bugie alle donne pur di fare campagna elettorale a pochi giorni dalle elezioni, e soprattutto metterle in pericolo e abbandonarle ad esperienze che spesso sono traumatizzanti per il dolore provocato dalla prostaglandina per indurre l’espulsione , ma anche perché nel 56% dei casi la mamma fa l’esperienza devastante di riconoscere il proprio bambino morto. Inaccettabile: le donne meritano rispetto».
Così ha concluso Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia Onlus.
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