Monday, June 17, 2024
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Calcio – Serie B – Playoff – Il Palermo affonda in Laguna ed il Venezia vola in finale

Com’era già scritto da venerdì sera, in finale ci va il Venezia. E ci va da rullo compressore, asfaltando il solito Palermo inerme, che si rattrappisce sin dal primo minuto nella sua metà campo, come aspettasse la manna dal cielo. Che arriva solo se te la meriti, e di certo non se la meritava quell’accozzaglia di anime perse che era subito sembrato il Palermo. Tant’è che, già al 4’ minuto di gioco, Tessman da fuori area sparava un siluro che s’infilava nell’’angolo alto, alla destra del plastico ma inutile volo di Pigliacelli: gol simile a tanti altri subiti dal Palermo negli ultimi mesi e quasi identico a quello di Pierini di lunedì scorso al Barbera.


di Benvenuto Caminiti per il Quotidiano l’Italiano

VENEZIA – Com’era già scritto da venerdì sera, in finale ci va il Venezia. E ci va da rullo compressore, asfaltando il solito Palermo inerme, che si rattrappisce sin dal primo minuto nella sua metà campo, come aspettasse la manna dal cielo. Che arriva solo se te la meriti, e di certo non se la meritava quell’accozzaglia di anime perse che era subito sembrato il Palermo. Tant’è che, già al 4’ minuto di gioco, Tessman da fuori area sparava un siluro che s’infilava nell’’angolo alto, alla destra del plastico ma inutile volo di Pigliacelli: gol simile a tanti altri subiti dal Palermo negli ultimi mesi e quasi identico a quello di Pierini di lunedì scorso al Barbera.

Quattro giorni – da lunedì sera, partita di andata al Barbera – di filosofia pura appicata al calcio. Quello inventato dai sogni che son desideri ( e viceversa), dei tifosi e svanito  subito, perché, al fischio d’inizio dell’impettito Pairetto di Nichelino, il Venezia partiva subito all’attacco, com’avesse lui, e non il Palermo, il bisogno di vincere la partita .

Quattro soli, ma frenetici, minuti di gioco e tutti i sogni dei tifosi evaporati come nebbia al sole: il Venezia già in vantaggio di due gol (compreso quello dell’andata) , arrembante e  feroce nella sua determinazione, straripante nella sua fisicità, aggressivo e spietato nelle marcature, già padrone della partita. E che, tuttavia, continuava a spingere, a pressare, a togliere pure il respiro (se mai un respiro ce l’avesse quell’anima morta che era il Palermo) per segnare ancora… e ancora…

Il tutto, nel catino rovente del “Pier Luigi Penzo” (un isolotto di bandiere e fragore rossoneroverde), trasformato in un fortino inespugnabile, al quale la tremula banda rosanero non riusciva nemmeno a fare il solletico.
Rari segni di vita del Palermo erano i tentativi , pur sporadici ma mai banali, di Ranocchia e le sgroppate lungo l’out di sinistra di Di Mariano, l’unico tra undici a dar segni di vita, forse perché, da palermitano (l’unico dell’intero organico rosanero), gli ribolliva il sangue nelle vene davanti all’atteggiamento passivo dei compagni, che, ancor prima di scendere in campo, sembravano rassegnati all’ineluttabile sconfitta.

E infatti, al 43’, il Venezia passava ancora: stavolta era il “vecchio” Zampano che, in ripartenza, bloccato sul nascere un tentativo di affondo del generoso Diakitè, sulla fascia sinistra, s’involava, libero come un uccello, e, giunto sul fondo,crossava forte e teso per l’arrembante Candela, che di piatto infilava nella rete di un incolpevole Pigliacelli, il suo primo gol della stagione. 

E il Palermo?

Solo palleggio lento e insipido, con i soliti brevi banali retropassaggi del “danzerino” Insigne (che del fratello porta il cognome, e nient’altro) , le sbracciate animose ma del tutto inutili di Soleri, gli scatti quasi sempre a vuoto di capitan Brunori (solo l’ombra dei suoi bei  ricordi, ieri, al Penzo) e mai un takle vincente sulle rocce inscalfibili del trio centrale veneto (Idzes, Svoboda, Sverko: tre mastini ringhiosi, attaccati come mignatte alle punte rosanero).

Un solo lampo rosanero prima del raddoppio dei padroni di casa, su corner di Ranocchia e perentorio stacco di testa (suo biglietto da visita) di Segre, che colpiva forte nell’angolino alto e già esultava, solo che Joronen ci arrivava con un balzo felino ( e i suoi quasi due metri di altezza e analoga apertura d’ali) e  riusciva a deviare oltre la traversa.

Finiva, dunque sul 2-0, il primo tempo e i trecento tifosi rosanero, giunti al Penzo da ogni dove d’Italia e dintorni, già piangevano di rabbia, però continuavano a sperare, anzi a sognare: chissà se nella ripresa, cambiando l’ordine dei fattori in questa squadra di fantasmi,  il grande cuore rosanero non riprenda vita.

Speranza vana, perché Mignani cercava la soluzione ai mille problemi della sua squadra, in svantaggio di due gol e, quindi, obbligata a segnarne tre, non inserendo attaccanti o centrocampisti offensivi, ma … difensori, come dovessimo limitare il passivo (sic).

Nella ripresa non cambiava nulla, se non … in peggio: il Venezia continuava a fare i comodacci suoi e il Palermo a vivacchiare sperando di non finire sotto una caterva di gol. Che in parte evitava Pigliacelli – il tanto bistrattato ”Piglia – e, soprattutto, perché la furia agonistica del Venezia si affievoliva: in vista della finale, meglio evitare fatiche inutili e perniciosi infortuni .

E ci volevano altri undici minuti perché Mignani togliesse dal campo un pleonastico (eufemismo) Insigne e, al suo posto, inserisse quel Di Francesco che, dal suo avvento sulla panchina del Palermo, era stato “misteriosamente” messo al bando. Ebbene, Di Francesco ravvivava quel’anima persa ch’era stato il Palermo fino ad allora, costringeva Zampano a mettergli le mani sul collo come  a volerlo strozzare (leggi, ammonizione), sol perché era abituato al flebile Insigne e d’improvviso, si trovava davanti un giocatore che correva, scattava, affondava.

La presenza di un attaccante vero come Di Francesco e, poi, a subentrare ad uno spento ( e forse acciaccato) Brunori, Mancuso e Traorè (allo stremato Soleri), consentiva al Palermo di spostare un po’ più verso Joronen il suo baricentro e consentire all’85’  un tiro in mischia di Traorè, che trovava la deviazione giusta per beffare Jorone, per il cosiddetto gol della bandiera….  

Che non sembri eccessiva la mia severità nei confronti di Mignani, che, come dimostrato nella finale del Bari in casa col Cagliari dell’anno scorso, non ha la stoffa del guerriero e tanto meno del vincente, da lunedì scorso non ha fatto che predicare prudenza. “Aspettiamoli al varco fino al 70’ e poi spariamo le nostre cartucce per tentare di far gol!” .

Due stagioni deludenti, queste del Palermo…Molte colpe ce l’ha la nuova proprietà, mai presente se non a chiacchiere da bar e che, invece, avrebbe dovuto far sentire il suo pugno duro sin dal 2-2 a Cremona,  undici contro dieci e con due gol di vantaggio al 45’. E, invece, ha tirato a campare, limitandosi – e pure tardivamente – a licenziare Corini  e ingaggiare, in sua vece, Mignani.  Con risultati perfino peggiori.

Si vocifera già di un esonero di Mignani e corrono anche gli spifferi sul nuovo allenatore; uno tra Zanetti, ex Empoli e Dionisi, ex Sassuolo: nomi e allenatori, entrambi,  “affascinanti”.

Benvenuto Caminiti

IL TABELLINO

VENEZIA (3-5-2): Joronen; Idzes, Svoboda, Sverko (68′ Altare); Candela, Busio (81′ Jajalo), Tessmann, Lella (60′ Ellertsson), Zampano; Pohjanpalo (68′ Olivieri), Pierini (60′ Gytkjaer). A disp.: Bertinato, Grandi, Modolo, Dembele, Bjarkason, Andersen, Cheryshev. All. Vanoli.

PALERMO (3-4-1-2): Pigliacelli; Graves (46′ Nedelcearu), Lucioni, Marconi (46′ Aurelio); Diakitè, Segre, Ranocchia, Di Mariano; Insigne (56′ Di Francesco); Brunori (62′ Mancuso), Soleri (75′ Traorè). A disp.: Kanuric, Buttaro, Lund, Stulac, Gomes, Henderson, Vasic. All. Mignani.

ARBITRO: Pairetto di Nichelino (Costanzo-Passeri); IV ufficiale Marchetti; Var-Avar Valeri-Marini.

MARCATORI: 4′ Tessmann, 43′ Candela, 86′ Traorè

NOTE: Ammoniti: Graves, Di Francesco (P), Joronen, Tessmann, Zampano (V)

Nella foto Paolo Zanetti. Sarà lui a gestire il dopo Mignani?

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