Friday, March 29, 2024
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Quando il Kung Fu è vera Arte è Dante Basili intervista esclusiva a uno dei migliori Maestri di arti marziali cinesi in Italia

E’ uno dei migliori Maestri italiani di arti marziali cinesi che il nostro Paese possa vantare. Uomo eclettico, dalle tante passioni e conoscenze, è riuscito, da anni, a raggiungere l’obiettivo di essere un valido professionista nell’insegnamento di queste discipline da combattimento orientali che vanno di pari passo con la loro cultura, cultura che Basili conosce molto bene.


di Romano Scaramuzzino per il Quotidiano l’Italiano

BERGAMO – Dante Basili, classe 1963, residente a Forlì, è uno dei migliori Maestri italiani di arti marziali cinesi che il nostro Paese possa vantare. Uomo eclettico, dalle tante passioni e conoscenze, è riuscito, da anni, a raggiungere l’obiettivo di essere un valido professionista nell’insegnamento di queste discipline da combattimento orientali che vanno di pari passo con la loro cultura, cultura che Basili conosce molto bene.

Oltre a essere Maestro di queste arti, Dante Basili, è un bravissimo musicista e per comprendere ancor di più la cultura cinese ha studiato e continua studiare sinologia.

Abbiamo intervistato il Maestro per avere informazioni più approfondite e fedeli sulle arti marziali cinesi comunemente conosciute con il nome di Kung Fu. Questo ci darà modo anche di conoscere meglio l’artista, l’uomo, Dante Basili. Persona molto stimata e seguita dalla comunità “marziale” italiana.

Maestro Basili, quando e per quale motivo ha iniziato a praticare le arti marziali?

È stata una passione innata quella verso le arti marziali e anche la cultura cinese. Basti pensare che alla sola età di sei anni, quando trovavo dei frammenti del Tao Te Ching (parlo di brani di questa famosa opera cinese perché in quegli anni e a quell’età, per un bambino, era difficile trovarla nel suo formato intero) li sentivo come “familiari” nella loro espressione. Amavo il Tao Te Ching, amavo i proverbi cinesi. Ho cominciato a praticare, quindi, queste discipline per istinto e per difesa personale dato che, per otto anni (dai 7 ai 15 anni d’età), sono stato in collegio. Un collegio difficile come ambiente. Se, infatti, io ero quello che si trovava in una posizione migliore non era così per gli altri ragazzi, alcuni dei quali erano al limite dall’andare in riformatorio. Eravamo un po’ abbandonati in questo ambiente chiuso verso l’esterno e a quella che poteva essere la violenza quotidiana tipica di questi luoghi. Quindi, per difendere la mia persona, ho cominciato a praticare le arti marziali. Pur non avendo mai amato nessuna forma di violenza fui costretto a esercitarmi per non essere il primo a effettuarla, la violenza, ma nemmeno il primo a subirla.

Qual è stata la prima arte da combattimento orientale che ha praticato?

Già all’età di sette anni, durante la permanenza nel mio primo collegio, cercavo di apprendere le tecniche da combattimento di Judo e di Karate dai miei compagni (un po’ più grandi d’età rispetto alla mia), tecniche che loro avevano imparato da fonti accreditate. Nel 1973, quando avevo dieci anni, iniziai a praticare, finalmente, le arti marziali sotto la direzione di un Maestro, il Maestro Dan Sita, che insegnava lo stile Long Xing Quan. Praticai regolarmente questo stile, in quel di San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna. Nel contempo mi allenavo anche con lo stile Shaolin del Maestro Chang Dsu Yao (in realtà era lo stile Meihua Quan, che il Maestro chiamava genericamente Shaolin). Questo Maestro era arrivato a Bologna, precisamente nell’allora quartiere Corticella, luogo nel quale si trovavano molti cinesi, prima di andare a Milano. Con amici e compagni di Kung Fu, che andavano a studiare presso il Maestro Chang ma anche direttamente con lui, praticai un po’ di questo stile. Tramite il Maestro Dan Sita, tra l’altro, ho avuto modo di conoscere anche i Maestri Willy Pham Loi e Pham Kim Ho. Questi furono i miei inizi con le arti marziali.

Come lei sa, regna un po’ di confusione nel mondo delle arti marziali cinesi che alcuni chiamano con il termine Kung Fu mentre altri con quello di Wushu. In realtà qual è la differenza tra queste due parole e quale sarebbe la più corretta per riferirsi a queste discipline?

Kung Fu è un termine generico di “cose fatte bene”, con qualità. Sappiamo, infatti, che proprio a livello linguistico, questa parola significa una cosa fatta bene, una cosa fatta magistralmente, una forma di maturità che si ottiene con la pratica. Un ottimo “artigianato”. Si può fare qualcosa ma non avere il Kung Fu ovverola maestria anche se ci si impegna. La qualità è quella che eccelle. Quindi, con la parola Kung Fu non ci si riferisce solo alle arti marziali. Noto, però, che ultimamente il termine Kung Fu o Gong Fu, per alcuni cinesi, linguisticamente, di rimando perché una volta non era così, è diventato sinonimo di arti marziali tradizionali ovvero di non praticare il Wushu. Un equivoco occidentale che adesso è ritornato al paese di origine. Sicuramente Kung Fu non è un termine specifico da riferirsi alle arti marziali cinesi anche se lo sta diventando, perché le lingue sono vive. Forse la parola più corretta, generica da usarsi è Wushu ovvero arti marziali, abilità nelle arti marziali. È stata usata anche la parola Guoshu (arte nazionale), lo sappiamo. Il più corretto, però, linguisticamente, probabilmente, lo ripeto, è il termine Wushu. Da notare che il carattere Wu (come quello Bu di Budo, per i giapponesi) significa fermare un’alabarda quindi un fermare l’aggressività. Il termine occidentale arti marziali non sarebbe, allora, nemmeno corretto dato che Marte è il dio della Guerra, mentre qui si intende l’arte di fermare Marte. Ci sarebbe tanto da dire. Comunque, Wushu non è un cattivo termine, anche se spesso è associato alle arti marziali codificate moderne cinesi che sono lontane dall’applicazione originaria.

Si può indicare una data, un periodo storico preciso nel quale le arti marziali sono nate?

Questa è una “domandona”. A mio avviso sì, è molto tempo fa. Non certamente con i calci e i pugni così come l’intendiamo oggi. È documentata molto bene a livello di iconografia l’arte marziale originaria che è la lotta. La cosa più antica, in quest’ambito, è, infatti, il corpo a corpo. Dare calci e pugni non è così naturale per l’essere umano. Un bambino non dà così spontaneamente calci e pugni al contrario prende, tira, spinge (purtroppo anche gli adulti, dico purtroppo perché le morti più frequenti nei conflitti fisici sono quelle provocate da spinta ovvero quando si cade all’indietro e si sbatte con la testa, con la nuca per terra). La lotta è molto antica, documentata in Cina intorno al 3000 a.C., c’erano, infatti, dei Giochi già organizzati. Quando c’era la Tauromachia (la lotta contro i tori, ndr) a Creta, in Cina c’era l’equivalente ovvero una persona che con delle corna aggrediva un’altra, sia sotto forma di “gioco” che di conflitto reale. I disegni ci sono, la Storia è molto ben documentata. Le arti marziali così come le intendiamo oggi hanno tante origini e, soprattutto all’interno di un’arte marziale codificata come ad esempio il Tai Chi Chuan stile Chen, ci sono dei movimenti come il camminare fra le nuvole (che esistono anche nello stile Yang e Sun del Tai Chi) che sono molto antichi. Alcune tecniche sono addirittura di origini sciamanica. Molto interessante, a tal proposito, è quello che ci riferisce anche la Professoressa Giulia Boschi, sinologa italiana che ci invidiano all’estero, che scrive in inglese ed è tradotta anche in lingua cinese. Poi abbiamo anche le storie più recenti dei singoli stili.  

Sappiamo che lei si è recato e si è allenato presso il monastero Shaolin in Cina. Qual è la differenza che nota tra quel monastero Shaolin che ha conosciuto con quello attuale?

Negli anni Ottanta (andai per la prima volta in Cina nel 1988), nel mio viaggio per recarmi presso il monastero Shaolin, conobbi sia una Pechino (che si trova nel Nord-Est della Cina e della quale è capitale, ndr) sia un centro della Cina dove ancora non c’erano le automobili ma le biciclette e solo per andare a Shaolin, dove eravamo arrivati con il treno, bisognava fare anche ore e ore di strada sterrata. Oggi, Shaolin, è diventato Patrimonio dell’Unesco. Purtroppo, ho saputo che attualmente, fra i programmi, c’è anche quello di promuovere il Taekwondo, arte marziale coreana, perché è tra i Giochi Olimpici e quindi sarebbe importante che anche la Cina possa avere, in futuro, dei risultati sportivi alle Olimpiadi. Lo Shaolin di oggi, in effetti lo notai già negli anni in cui mi recai al tempio, tende sempre di più a essere un Wushu molto standardizzato, senza quei particolari che sono l’essenza di un’arte. Quindi quel poco che ho fatto di Shaolin, tramite gli insegnamenti di fuoriclasse, me lo tengo stretto, come se fosse qualcosa di prezioso. Mi sembra che da uno Shaolin autentico si stia passando a uno Shaolin svalorizzante. Più che altro un business.

Quali arti marziali cinesi ha imparato e quali insegna attualmente?

Come stili principali insegno Tang Lang Quan, lo Stile della Mantide Religiosa, e Tai Chi stile Chen, stile Yang e stile Sun. Come già detto ho praticato Long Xing Quan, Ho studiato molto Ba Gua anche se l’insegno poco, solo a degli allievi e non nelle varie scuole. Ba Gua che pratico spesso anche per me stesso. Ho studiato Wing Chun, l’insegno pochissimo ma l’ho praticato e lo pratico molto.  Wing Chun, comunque, filone del Maestro Wong Shun Leung, che non ho conosciuto personalmente ma tramite un suo amico, il Maestro Wong Yu Kwai (vado a memoria nella trascrizione del nome) che risiedeva a Parigi.  Ho studiato Wing Chun anche con il Maestro William Cheung. Come già detto, sono stato al Tempio Shaolin e tutto quello che lì ho appreso lo studio e lo ripasso. Diciamo che è “un amore e odio” verso lo Shaolin perché, avendo fatto precedentemente stili con meccaniche diverse da questo metodo, ho fatto fatica a praticarlo. Vivo l’esercizio nello Shaolin come una sorta di sfida verso il mio corpo ma l’amo anche per questo motivo. Nel Chi Kung c’è un detto che recita così: “Quello che ti viene bene ti rinforza ma quello che non ti viene bene ti migliora”. La lotta cinese (Shuai Jao e Shou Bo) mi hanno aperto la mente. A mio avviso, nei prossimi anni, la lotta cinese sarà rivalutata per comprendere meglio il Kung Fu perché il buon Kung Fu ha dentro di sé tanta lotta cinese. Nel Tai Chi c’è molta lotta cinese, nello Shaolin ci sono tante tecniche che sono delle proiezioni, c’è molta lotta nel Kung Fu. Solo nel Wing Chun, forse, non c’è. Anche se in Cina, attualmente, un giovane Maestro, sta unendo le sue tecniche di Wing Chun con quelle della lotta cinese. Un lavoro molto bello esteticamente oltre che efficace marzialmente. È probabile che nel Wing Chun questo tipo di lavoro ci sia sempre stato ma che, a un certo punto, è stato tolto. La lotta cinese è molto interessante anche per chi fa calci e pugni. E poi sono le nostre radici. Chi ama le arti marziali cinesi incontrerà senz’altro la lotta cinese. Sono trent’anni che pratico la lotta cinese con il Maestro Yuan Zumou, un mio riferimento non solo per la lotta. Marginalmente ho praticato molto anche altri stili e arti non cinesi. Ad esempio, Kali filippino, Kalaripayattu (arte marziale praticata in India, ndr), Hung Gar, di questo stile mantengo solo una forma. Quando mi domandano quante cose pratico faccio presente che anche al pianoforte non suono solo Mozart, ma anche Chopin, Bach, con i miei limiti anche Beethoven. Perché dovrei suonare solo Bach? Nessun pianista si dedica solamente a Bach, è raro. Si potrà specializzare in Bach. Ma qual è il pianista che si dedica solo a un compositore? Tutta la vita mi sono dedicato alle arti marziali cinesi, sono un professionista in questo settore e, quindi, è conseguenziale avere tante conoscenze nelle varie arti marziali cinesi e no. Non c’è niente di eccezionale aver fatto tanti stili se lo si fa per tutta la vita, per lavoro.

Lo scopo principale della pratica delle arti marziali, del Kung Fu, nella sua origine, quale era?

Arti marziali intese come le recepiamo noi, senz’altro c’è una componente, per noi occidentali, semplicemente tecnica-marziale, la conoscenza del bellico, del bellico non applicato alla caccia, al cacciatore raccoglitore che deve saper uccidere un animale in modo efficace, breve in modo che la carne sia ben commestibile, ma una strategia contro altri uomini. L’origine nasce, senza dubbio, perché si deve proteggere un territorio. Se sono un cacciatore-raccoglitore tendo a scappare quando c’è un disturbo come un animale più forte di me oppure popolazioni ostili. Quindi c’è poco conflitto in chi è cacciatore-raccoglitore, lo sappiamo anche dal punto di vista antropologico. Per i Khoisan (termine con cui si designano collettivamente i due gruppi etnici principali dell’Africa Meridionale, ndr ) che sono i più antichi sulla terra, quello che loro fanno agli animali ovvero ucciderli non possono farlo agli uomini. Le arti marziali nascono, invece, per difendere la persona da altre persone, così come la proprietà, il terreno, le gerarchie. E questo vale per la Cina, per tutta l’umanità. Per quanto riguarda la cultura cinese sappiamo che c’è un riferimento alle pratiche alchemiche associate al movimento fisico del corpo. Questa è una domanda, comunque, che meriterebbe uno spazio molto ampio anche perché in Cina si fanno nuove scoperte anche dal punto di vista archeologico. In sintesi, lo scopo delle arti marziali è di tipo militare insieme a un’elevazione della persona, caratteristica questa di tutto l’Oriente.

Maestro, ai tempi d’oggi, quale sarebbe il motivo per cui praticare le arti marziali, il Kung Fu?

Continuo a pensare che sia le arti marziali cinesi che quelle di altre nazionalità siano un’ottima forma di difesa personale. Diciamo sempre che con le leggi che ci sono oggi non possiamo difenderci, che è peggio difenderci che subire, che sono perfettamente inutili verso aggressioni di un certo tipo. Tutto vero. Rimango, però, dell’idea che le arti marziali tradizionali siano un ottimo strumento per la protezione della persona sia dal punto di vista psicologico che fisico. E poi (se non il primo motivo) è quello estetico. Le arti marziali tradizionali, cinesi, giapponesi, coreane, vietnamite, tutte, sono decisamente belle per chi le ama. La bellezza è nutrimento per la vita, Non viviamo di solo praticità, di sfogo, di attività fisica, di buon cibo ma anche di bellezza, di arte. Sono veramente delle arti. Possono essere una necessità per l’essere umano. Anche a livello psicologico sono importanti. Un mio allievo che svolge una professione particolare e delicata ha, secondo la sua testimonianza, ricevuto tantissimo dalla pratica del Tai Chi stile Chen che gli è servita molto nel suo lavoro. Non l’aspetto della difesa personale del Tai Chi ma quello di equilibrio del corpo (essendo un pilota di aerei di linea), di fermezza psicologica. Le arti marziali sono discipline che possono aiutare in vari campi della vita, compresa la difesa personale.

Qual è la soddisfazione maggiore che ha raggiunto nel praticare e nell’insegnare le arti marziali?

Bellissima domanda. Nel praticarle e nel farle per me stesso è stata la mia primaria soddisfazione. Da quando ho vent’anni ho fatto solo questo. È stata ed è la mia professione. Se salta qualche lezione allora pratico per me stesso ed è sempre una gioia farlo. Nell’insegnare queste discipline posso senz’altro affermare che grande è stata la mia felicità quando le ho spiegate ai diversamente abili. E in quel contesto ho avuto modo anche di capire ancor di più le arti marziali stesse. Ad esempio, anche se nella doppia sciabola delle discipline cinesi c’è un lavoro simile ai bastoni filippini, non è mai, questa pratica specifica, sviluppata come la eseguono i filippini. Per loro c’è anche una componente di “gioco” addirittura anche musicale. Ho praticato per molti anni i bastoni filippini (non è Kung Fu ma sono sempre arti marziali) e quando ho insegnato, ai diversamente abili, questa arte filippina, a persone che si trovavano o si trovano sulla sedia a rotelle oppure a coloro che sono stati operati  al cervelletto e quindi fanno fatica a stare in piedi, ebbene, queste persone, attraverso il feedback dei bastoni, perché quest’ultimi fanno rumore quando si colpiscono e attraverso l’attenzione a non farsi male, si sono potuti divertire imparando tantissimo. Questa è stata una soddisfazione straordinaria. Sempre i bastoni del Kali filippino e la doppia sciabola cinese le ho potute insegnare a persone non vedenti. Anche lì è stata un’esperienza notevole. Mettersi nei loro panni, imparare molto da queste persone, alcune di loro erano anche dei musicisti, è stato importante per me. Questo perché ho avuto la possibilità di insegnare presso una struttura, sita a Villa Salta (Forlì), del dottor Enrico Fabbri. Forse questa è stata la più bella esperienza con le arti marziali che ho avuto. Le arti marziali possono avere delle funzioni riabilitative impensabili. Questo riscontro l’ho constatato anche con la pratica del Tai Chi che si svolge pure in coppia e anche a occhi chiusi o bendati, per sviluppare la sensibilità, un esercizio fondamentale per le persone non vedenti che, in questo modo, ottengono un certo beneficio. Vedere nei loro volti il sorriso è perché loro si sono entusiasmati nella pratica. E tutto ciò che provoca entusiasmo è già cura.

Maestro Basili, che uomo sarebbe stato se non avesse praticato le arti marziali cinesi?

Non riesco a immaginarlo perché ho cominciato a sei anni con le arti marziali che seppur non cinesi, ovviamente, erano sempre arti marziali, a dieci anni direttamente con un Maestro. Da allora sono cinquant’anni che le pratico sempre. Posso pensare che senza le arti marziali sarei stato incapace di gestire il conflitto, l’aggressività che ho vissuto negli otto anni di collegio. Tra l’altro, dovendo andare in palestra e avendo avuto dei buoni risultati sportivi sia nelle gare di Taolu che di combattimento, avevo il permesso di uscire dal collegio tre o quattro sere a settimana. Un vero sogno. Il Kung Fu è stato, nella mia personale storia, un cammino verso la libertà. In questo senso le arti marziali mi hanno aiutato molto. Sarei, quindi, una persona triste e con più problemi se non le avessi mai praticate.

Finisce qui, per il momento, il nostro incontro con il Maestro Dante Basili. Ritengo che questa intervista ci abbia dato modo di conoscere non solo in modo più approfondito le arti marziali in genere e nello specifico quelle di origini cinesi ma anche un uomo, un artista poliedrico e la sua passione. Una passione che chiaramente traspare dalle sue parole che suonano come una lezione, una lezione che da tempo io ho imparato e che il Maestro mi ha confermato ovvero la vita è Arte, soddisfazione e gratificazione quando metti in opera i talenti che possiedi. E, in fin dei conti, anche questo è Kung Fu!

Per informazioni e contatti sul Maestro Dante Basili, potete cliccare su questo link: https://linktr.ee/dantebasili

Romano Scaramuzzino

Nella foto il Maestro Dante Basili
1978, un giovane Dante Basili in allenamento presso il Parco dei Cedri e Lungosavena (BO)
Parigi 2005, il Maestro Basili con la nazionale italiana di Taiji Quan
2023, Basili con il Maestro Yuan Zumou di 83 anni. Basili studia con il Maestro Zumou da ben trenta anni ritenendolo  un riferimento importantissimo per la sua crescita “marziale”. 
testatina

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