Robert Plant & Saving Grace al Teatro Greco, Taormina
Nella sontuosa cornice che lo aveva già visto protagonista qualche anno prima con i Sensational Space Shifters, Plant ha sfoggiato un compendio di quella musica che lo ha ispirato ancora prima della ruggente epopea dei Led Zeppelin, molto bene affiancato dall’angelica (in tutti i sensi) Suzi Dian, cui è facile pronosticare un avvenire radioso, in un gruppo molto ben equilibrato di cui facevano parte anche Oli Jefferson alla batteria e percussioni, a doppiare la straordinaria forza evocativa di Matt Worley e Tony Kelsey, alle prese con tutta una serie di strumenti a corda e pedali. Insieme hanno creato un’atmosfera cui era letteralmente impossibile opporre resistenza, con un suono scavato nel folk, nel blues, nei tradizionali irlandesi, allargando ulteriormente la prospettiva a una genuina matrice world, andando avanti e indietro nel tempo, alla scoperta di qualche classico dimenticato da tempo o di una gemma sconosciuta più recente.
di Vittorio Pio – dalla Redazione Musica & Spettacoli del Quotidiano l’Italiano
TAORMINA – Partendo dal presupposto che non ci sono superlativi adatti per contenere un’icona del calibro di Robert Plant, quello che sorprende è l’altissimo livello delle sue performance nel prosieguo di una carriera zeppa di insuperabili allori.
La grazia salvifica di questo suo ultimo progetto si è originata in sordina poco prima del Covid e poi ha preso via via forma e sostanza, culminando in un recentissimo tour italiano di sette date, che ha riscosso un successo unanime fra addetti ai lavori, fans incalliti e anche una non sorprendente fascia di giovani, cui non è sembrato vero di ammirare a pochi metri quello che era stato l’idolo dei propri genitori.
A Taormina, nella sontuosa cornice che lo aveva già visto protagonista qualche anno prima con i Sensational Space Shifters, Plant ha sfoggiato un compendio di quella musica che lo ha ispirato ancora prima della ruggente epopea dei Led Zeppelin, molto bene affiancato dall’angelica (in tutti i sensi) Suzi Dian, cui è facile pronosticare un avvenire radioso, in un gruppo molto ben equilibrato di cui facevano parte anche Oli Jefferson alla batteria e percussioni, a doppiare la straordinaria forza evocativa di Matt Worley e Tony Kelsey, alle prese con tutta una serie di strumenti a corda e pedali. Insieme hanno creato un’atmosfera cui era letteralmente impossibile opporre resistenza, con un suono scavato nel folk, nel blues, nei tradizionali irlandesi, allargando ulteriormente la prospettiva a una genuina matrice world, andando avanti e indietro nel tempo, alla scoperta di qualche classico dimenticato da tempo o di una gemma sconosciuta più recente.
Senza arruffianarsi il pubblico con qualche hit che avrebbe fatto tremare il Teatro Greco, ha comunque trovato il modo di gratificare i presenti con Friends, The Rain Song e Four Sticks, gioielli di marca Zep, raccontando con umorismo e sagacia molte storie ed aneddoti, molti dei quali originatisi direttamente dalle Misty Mountains, nelle sue stesse parole. Suzi Dian è risultata letteralmente magnetica, con la sua voce che è una delicata miscela di forza e fragilità, Plant è rimasto alla sua sinistra per tutto il tempo: quando le loro voci si sono inseguite e miscelate si è creata la vera magia, come ribadito dal lirico e commovente Too Far From You, tratto dalle session del Nashville Cast: il feeling fra i due è alchemico, con Plant, apparso veramente in gran forma, dimostrando ancora un’estensione e un controllo che molti cantanti con la metà dei suoi anni gli invidierebbero. Nel finale c’è stato ancora spazio per “Gallows Pole”, scheggia country tratta da “Led Zeppelin III”, e poi l’ultima canzone, eseguita in semicerchio e a cappella da tutti i membri della band con un traditional caraibico intitolato “We Bid You Goodnight”, ed importato poi in quell’Inghilterra rurale nella quale Plant è cresciuto. La melodia ha riecheggiato nella perfetta acustica del Teatro con accenti quasi metafisici, a sottolineare una serata perfetta e indimenticabile per tutti i presenti. E adesso aspettiamo la realizzazione di un album, che possa rifrangere ancora di più questa limpida ed entusiasmante grazia musicale
Vittorio Pio



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