Monday, November 18, 2024
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Il Ponte sullo Stretto di Messina: se ne parla dal 1840 ma Scilla e Cariddi fanno ancora paura

In una terra che ha subito nei secoli grandi stravolgimenti naturali e sociali del suo paesaggio e del suo assetto territoriale e urbano. Di cui si è fatto testimone e cantore il  più grande scrittore calabrese, che con la sua opera, come scrive lucidamente Vito Teti, fa assurgere la Calabria  “ a metafora dei contrasti, degli eccessi dei problemi, dell’arretratezza, della bellezza del Sud “ . E continua, Corrado Alvaro “ racconta la grande trasformazione che il paesaggio e i paesi subivano sia per la furia distruttrice dei terremoti, delle piogge, delle alluvioni, delle frane, sia per l’incuria e le politiche dei gruppi dirigenti almeno a partire dall’unificazione italiana, sia per la fuga delle popolazioni ”.


di Marcello Furriolo * per il Quotidiano l’Italiano

CATANZARO – Era l’anno 1840 quando Ferdinando II re delle Due Sicilie, che nel corso del suo lungo regno dedicò molta attenzione e interesse particolare alla Sicilia, diede incarico per uno studio di fattibilità per la costruzione di un collegamento fisso tra l’isola e la Calabria che potesse significare un primo vero tentativo di unificazione dei territori extra ispanici del suo dominio.

Lo studio, promosso da uno degli ultimi Re Borboni, che aveva realizzato anche la prima linea ferroviaria del regno la Napoli – Portici, fu molto elaborato e doveva portare alla conclusione che l’opera, sicuramente suggestiva e politicamente impattante, aveva costi insopportabili per le finanze del regno.

L’idea venne quindi abbandonata.

A pochi anni dall’ unificazione del Paese, nel 1866, il Primo Ministro Bettino Ricasoli rilanciò l’idea del Ponte sullo Stretto, ma anche questa volta senza grande successo.

La catastrofe umanitaria e naturale provocata dal terremoto di Messina del 1908 doveva segnare l’abbandono quasi definitivo al sogno del congiungimento stabile tra l’isola e il continente. E neanche la sconfinata voglia di opere di Regime del Ventennio riaprirono il capitolo accantonato del Ponte sullo Stretto. Fino al 1971 quando il Presidente del Consiglio Emilio Colombo, fresco dell’approvazione del contrastatissimo “ pacchetto”, che doveva prefigurare un assetto pacificato dal punto di vista economico, sociale e sopratutto istituzionale di una Calabria uscita a pezzi dai Moti di Reggio per il Capoluogo di Regione, tentava di riaprire il discorso del Ponte. E dieci anni dopo si dava vita alla Società Stretto di Messina, cui partecipavano le regioni Sicilia e Calabria, che avrebbe dovuto elaborare il progetto esecutivo dell’ eccezionale e costosissima opera pubblica. La storia di questi anni, caratterizzata da grande instabilità politica e costanti difficoltà finanziarie, ha fatto passare decisamente in secondo piano l’urgenza di questo ambizioso progetto, anche perchè non sono state affrontate dai Governi con uguale impegno le carenze sociali e infrastrutturali, sopratutto della Calabria, che ha aumentato il distacco economico e l’isolamento dal resto del Paese e dall’Europa.

Il 16 marzo il Governo Meloni, sotto la spinta del Ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini, che aveva sbandierato la cartella del progetto addirittura nel corso del Consiglio dei Ministri a Cutro, ha approvato il Decreto che riprende gli studi fatti in precedenza per la realizzazione dell’opera, da avviare presumibilmente entro il 2024.

Mentre scriviamo giungono le inquietanti notizie di un treno regionale carico di passeggeri rimasto bloccato per un guasto, oltre quattro ore al buio in una galleria prima di Paola. A conferma del gravissimo e disastroso stato in cui versano i collegamenti ferroviari e stradali in Calabria.

In una terra che ha subito nei secoli grandi stravolgimenti naturali e sociali del suo paesaggio e del suo assetto territoriale e urbano. Di cui si è fatto testimone e cantore il  più grande scrittore calabrese, che con la sua opera, come scrive lucidamente Vito Teti, fa assurgere la Calabria  “ a metafora dei contrasti, degli eccessi dei problemi, dell’arretratezza, della bellezza del Sud “ . E continua, Corrado Alvaro “ racconta la grande trasformazione che il paesaggio e i paesi subivano sia per la furia distruttrice dei terremoti, delle piogge, delle alluvioni, delle frane, sia per l’incuria e le politiche dei gruppi dirigenti almeno a partire dall’unificazione italiana, sia per la fuga delle popolazioni ”.

Come si vede un quadro desolante di uno sconvolgente e sempre più attuale realismo, in cui il grande scrittore, interprete insuperato delle condizioni di vita delle realtà del Sud, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, nel loro legame deterministico dell’uomo con la natura, non sembra avere immaginato un intervento così stravolgente per unire i destini di Calabria e Sicilia o per sconfiggere l‘ “antropologia dell’abbandono” degli uomini del sud rispetto alla modernità.

Le immagini che girano sui media in questi giorni e mostrano il Ministro Salvini assieme ai Presidenti delle regioni Sicilia Renato Schifani e Calabria Roberto Occhiuto, all’annuncio dell’approvazione del Decreto sul Ponte di Messina, ritraggono i volti dei due rappresentanti dei territori, sicuramente sorridenti, ma in fondo coscienti di quanto altro e diverso i loro territori necessitano per sentire realmente unite quelle genti al resto del Paese. Ma quasi sempre le regole della politica partitica reclamano uno sconcertante capovolgimento delle priorità e delle convenienze. E il destino delle grandi opere gratifica spesso le ambizioni dei governanti più che i bisogni dei cittadini.

Anche questo Governo di destra-centro, malgrado le buone intenzioni e i roboanti annunci, non riesce a vincere le “incurie e le politiche” dei suoi gruppi dirigenti, che come scriveva Corrado Alvaro costituiscono la causa dei continui disastri di questi territori. Come i terremoti, le fiumare, le alluvioni…

In questi giorni Paride Leporace e Gianluca Passarelli si sono resi promotori di una interessante iniziativa per la intestazione dell’Aeroporto Internazionale di Lamezia Terme proprio al grande scrittore Corrado Alvaro, con l’encomiabile e condivisa motivazione di quanto con la sua arte abbia interpretato il valore della “calabresitudine” portandola oltre i confini di questa amata terra. Iniziativa ineccepibile, anche se purtroppo ha banali  precedenti di campanile come quella del Sindaco del Capoluogo di regione, che  proponeva addirittura l’intestazione a quella città. Ritengo difficilmente realizzabile l’idea di modificare quella intestazione che, seppure in modo discutibile, lega il nome del più grande aeroporto calabrese ad un territorio abbastanza delimitato e circoscritto. 

Chissà che l’ apprezzabile iniziativa di Leporace e Passarelli non apra una discussione più ampia che porti a legare il nome del più illustre dei figli di questa terra, che ricevette le lodi e l’ammirazione anche di Benedetto Croce, ad un’opera che rappresenti, per le popolazioni del Sud, la grande Utopia del Terzo Millennio.

Se mai sarà realizzata. 

Marcello Furriolo*

Marcello Furriolo (Catanzaro26 maggio 1944) è un politico italiano. Esponente della Democrazia Cristiana, è stato a lungo consigliere comunale e per tre volte sindaco di Catanzaro: una prima volta dal 1982 al 1985, in sostituzione di Aldo Ferrara, e per due volte consecutive dall’ottobre 1987 al giugno 1992. Si è ritirato dalla politica attiva nell’agosto 1993.

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