Thursday, May 16, 2024
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Nel Timeo e nel Crizia di Platone il secolare mistero di Atlantide. Nell’isola di Santorini si nasconde il segreto di una civiltà perduta

Probabilmente Atlantide, voleva essere per Platone una metafora, un’ammonizione, contro la superbia degli uomini che pensano di poter sottomettere la natura. Ubriachi di tecnologia coloro che manovrano le leve del mondo, hanno indotto “L’umanità a credere ormai solo in ciò che vede”. Noi a Santorini abbiamo percepito gli echi di mondi lontani. La nostra è stata solo una suggestione collettiva? E’ probabile ma volare con la mente verso un universo metafisico ci ha fatto sentire più responsabile verso il prossimo.


di Pierandrea Saccardo per il Quotidiano l’Italiano

ROMA – Dicembre 2011, con l’ingegner Stefano Strappaveccia, la moglie Chiara, professoressa di lunga esperienza didattica camminiamo con passo prudente tra le rovine della perduta città di Akrotiri. Vicino a me c’è la mia compagna Giovanna Curone.

Anche Giovanna insegna e lo si nota dall’espressione del volto attento ad osservare la natura rocciosa del luogo. Akrotiri, è un sito archeologico dell’isola di Santorini, nelle Ciclaidi, per secoli epicentro della civiltà minoica. Il sole è al tramonto mentre i suoi raggi giocano con la caldera di quel vulcano che, migliaia di anni fa, esplose devastando città e continenti. Mentre ci inoltriamo tra le pietre secolari, il vento del mare trasporta l’eco di un mondo addormentato e geloso dei propri misteri.

Dicembre è il mese ideale per coloro che cercano “la parola perduta”. Non ci sono turisti in mutande che, berciando con le bottigliette di plastica in mano, profanano il tempio delle antiche memorie. Questa premessa pone al lettore un interrogativo: “Cosa cela la città perduta da attirare da secoli l’interesse di archeologi e studiosi?”. Questa incredibile storia, cocktail di mito e leggenda ebbe inizio nel 1939, quando l’archeologo greco Spiridon Marinatos durante alcuni scavi, trovò sotto una spessa coltre di polvere lavica un’intera città addormentata, ossia intatta, preservata nel tempo e nello spazio. Marinatos, si avvide con stupore che la città era stata costruita con delle tecniche che non avevano riscontro all’epoca. Ampie stanze, acquedotti, strade, impianti fognari all’avanguardia. L’archeologo ebbe subito la certezza che si trovava dinnanzi ad una città dell’epoca minoica che faceva capo a Creta.

Come narra Platone nel Timeo e nel Crizia un terremoto, seguito dall’esplosione di un vulcano, seppellì un intero continente. Ad oggi, gli scavi non sono ancora stati completati, forse finiranno nel 2050. La ragione della difficoltà di portare a termine gli scavi risiede nel fatto che la città sepolta di Thira è gigantesca, si snoda, forse, per centinaio di chilometri. Una metropoli, dunque che doveva essere a capo di una civiltà estremamente progredita. Un altro aspetto di quest’isola enigmatica è la sostanziale differenza urbanistica. Le rovine di Akrotiri mettono in luce la differenza sociale che distingueva quella che doveva essere una sola città. Le abitazioni e le strade che si affacciano sull’Egeo erano modeste e strette, segno che quel luogo era abitato da una classe sociale abbastanza povera. Ma veniamo a Platone. N

el “Timeo”, Socrate, Timeo il pitagorico, Crizia ed Ermocrate discutono sulla creazione del mondo. Nel corso del dialogo, Crizia racconta che Solone, zio di Platone si recò nella città egiziana di Sais. Qui un vecchio sacerdote disse a Solone: “O Solone, Solone! Voi Greci siete sempre fanciulli, e un Greco che sia vecchio non c’è. Il vegliardo alludeva a quando i greci e gli egiziani erano legati da vincoli religiosi e culturali, sino a quando un evento datato a circa novemila anni addietro cancellò la storia dell’umanità. Nel suo racconto il vecchio dice “Infatti, a quel tempo era possibile attraversare quel mare, perché davanti a quella foce che viene chiamata come dite, Colonne d’Eracle, c’era un’isola. Tale isola era più grande delle Libia e dell’Asia messe insieme, quest’isola era dunque Atlantide”. Ma, come narra Platone nel Crizia gli abitanti di Atlantide divennero superbi e dichiararono guerra agli ateniesi.

Ma la catastrofe cosmica annientò entrambe le civiltà. Gli dei punirono la crudeltà degli uomini e l’intero continente sprofondò cancellando ogni memoria. Ma Atlantide è solo un mito, una leggenda, o contiene un fondo di verità? Da secoli ormai studiosi, archeologi e i filosofi si accapigliano nel cercare un brandello di verità. Certamente gli studiosi sono concordi che un terribile cataclisma travolse la terra creando il mito di Atlantide. Recentemente un’archeologa ha fatto una scoperta che la dice lunga sulla enigmatica fine di questo “Continente perduto”. Infatti, mentre la studiosa esplorava i fondali sullo stretto di Gibilterra ha trovato tracce di coralli sedimentati.

Il corallo per formarsi ha bisogno della luce del sole e al largo di Gibilterra la profondità raggiunge i tremila metri: un altro mistero che si aggiunge alla lunga catena di interrogativi. Atlantide è solo una “leggenda Puerile” come affermò Aristotele? Probabilmente Atlantide, voleva essere per Platone una metafora, un’ammonizione, contro la superbia degli uomini che pensano di poter sottomettere la natura. Ubriachi di tecnologia coloro che manovrano le leve del mondo, hanno indotto “L’umanità a credere ormai solo in ciò che vede”. Noi a Santorini abbiamo percepito gli echi di mondi lontani. La nostra è stata solo una suggestione collettiva? E’ probabile ma volare con la mente verso un universo metafisico ci ha fatto sentire più responsabile verso il prossimo.

Pier Andrea Saccardo

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