Razom, insieme, dall’Albese per l’Ucraina. Nasce ad Alba, per iniziativa di un gruppo di giovani, un comitato per la ricostruzione di Bucha
Edoardo Bosio, Davide Rosso e Romina Xuna sono i tre giovani albesi che hanno dato vita al comitato Razom. Studente di giurisprudenza all’Università del Piemonte Orientale, Bosio, agente di commercio nell’azienda vinicola di famiglia, Rosso, impiegata, Xuna. Hanno tutti 23 anni e sono spinti da un identico impulso: aiutare chi ha bisogno. Ad affiancarli, con azioni concrete e la disponibilità delle loro competenze, alcuni amici e le loro famiglie.
di Gianfranco Simmaco per il Quotidiano l’Italiano
ALBA – Il comitato Razom, che in ucraino significa “insieme”, nasce nell’Albese dal desiderio di un gruppo di giovani di impegnarsi concretamente per la ricostruzione delle città ucraine colpite dalla guerra, in particolare a sostegno della città di Bucha. I PROMOTORI. Edoardo Bosio, Davide Rosso e Romina Xuna sono i tre giovani albesi che hanno dato vita al comitato Razom. Studente di giurisprudenza all’Università del Piemonte Orientale, Bosio, agente di commercio nell’azienda vinicola di famiglia, Rosso, impiegata, Xuna. Hanno tutti 23 anni e sono spinti da un identico impulso: aiutare chi ha bisogno. Ad affiancarli, con azioni concrete e la disponibilità delle loro competenze, alcuni amici e le loro famiglie. |
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Da sinistra: Davide Rosso, Edoardo Bosio e Romina Xuna.L’ORIGINE DELL’IDEA. A marzo, al termine di una missione al confine tra Polonia e Ucraina per consegnare medicinali, Edoardo Bosio matura la consapevolezza che occorre una struttura stabile e riconosciuta, per organizzare aiuti concreti, nella prospettiva di conclusione della guerra. «Ho partecipato alla missione organizzata dall’associazione Proteggere Insieme domenica 13 marzo», racconta Edoardo Bosio. «Dopo un viaggio di 24 ore e 1.700 km siamo arrivati al confine tra Polonia e Ucraina con il nostro carico di medicinali. Avevamo dei posti in auto e ci siamo detti che sarebbero stati sprecati se non avessimo offerto ospitalità ai rifugiati. Così siamo andati alla stazione di Cracovia e al campo profughi lì annesso. Non dimenticherò mai gli occhi di quelle persone, la tristezza, la paura, l’angoscia che vi si leggevano. Non posso dimenticare le brandine tutte vicine con, ai piedi, zaini e borse che racchiudevano avanzi di vite normali, di prima della guerra. Non scorderò mai il tentativo di dare una dimensione di normalità all’emergenza: le persone che chiacchieravano sedute sulle brande, i bambini che giocavano, un anziano che dormiva, coricato su un fianco. Non comprendevamo la lingua e farsi capire in inglese non era semplice, ma grazie all’impegno della nostra interprete e al contatto con Laura Biancalani, referente dell’associazione Andrea Bocelli, abbiamo superato le naturali diffidenze e preoccupazioni dei profughi di fronte a degli sconosciuti e abbiamo trovato tre madri e tre bambini disponibili a venire in Italia con noi».![]() |
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