Monday, April 29, 2024
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“Colpo al Sistema”: ouverture nella Sala Stampa della Camera dei Deputati – Presentazione ufficiale del libro di Giovanni Paolo Bernini, edito da Titani Editori, a Roma il 6 giugno 2023. Il presidente di Forza Italia on. Silvio Berlusconi invia un messaggio

La vicenda di Giovanni Paolo Bernini ha in sé qualcosa di terribile e di terrificante per un Paese che si definisce costituzionalmente “democratico e repubblicano”. Come inquadrare diversamente una storia dove un magistrato, che ha tutti gli elementi per perseguire i personaggi realmente collusi con la ‘ndrangheta calabrese emigrata (pure lei) al Nord, decide invece di “distrarsi” e indagare quelli dell’altra parte dello schieramento politico e amministrativo? Gente vera, autentica, che crede nel diritto e nella Legge, che non c’entra nulla con la mafia. Gente tuttavia che rappresenta l’occasione ghiotta per distrarre la massa dei votanti e drogare i risultati elettorali.


L’Editoriale di Riccardo Colao – (direttore del Quotidiano l’Italiano)

ROMA – “When the going gets tough, the tough get going“ che tradotto per gli amici di lingua italiana equivale a “Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare“. È ciò che accadrà a partire da domani, nelle prime ore del pomeriggio del 6 giugno, quando Giovanni Paolo Bernini, ex presidente del Consiglio Comunale ed ex assessore di Parma, presenterà a Roma, nella Sala Stampa della Camera dei Deputati, il suo secondo libro dal titolo “COLPO AL SISTEMA“, edito da Titani Editori, con la prefazione di Vittorio Feltri e una premessa del sottoscritto che spiega le ragioni editoriali e del perché di questo singolarissimo libro che ne raccoglie, in realtà, addirittura le pagine di due tomi. Il primo quello in cui Bernini affronta le accuse e si difende dalle indagini condotte a pene di levriero da un pm che poi verrà allontanato per “incompatibilità ambientale. Il secondo in cui l’ex presidente parmense, recupera le prove e inchioda, argomento per argomento, indizio dopo indizio, prova dopo prova, chi ha tentato di distruggerlo politicamente e umanamente dimostrando come sia possibile aggredire gli esponenti dei partiti avversi a vantaggio di quelli amici.

Non si spiegano altrimenti talune indagini che compaiono e spuntano come il sole quasi sempre all’alba di nuove elezioni, non si potrebbero altrimenti comprendere le ragioni per le quali il torto sia sempre collocato e cercato da una parte e le ragioni, con tanto di motivazioni, siano sempre attivate dall’altra.

La vicenda di Giovanni Paolo Bernini ha in sé qualcosa di terribile e di terrificante per un Paese che si definisce costituzionalmente “democratico e repubblicano“. Come inquadrare diversamente una storia dove un magistrato, che ha tutti gli elementi per perseguire i personaggi realmente collusi con la ‘ndrangheta calabrese emigrata (pure lei) al Nord, decide invece di “distrarsi” e indagare quelli dell’altra parte dello schieramento politico e amministrativo? Gente vera, autentica, che crede nel diritto e nella Legge, che non c’entra nulla con la mafia. Gente tuttavia che rappresenta l’occasione ghiotta per distrarre la massa dei votanti e drogare i risultati elettorali.

Le collusioni generate grazie alla presenza ingombrante, in quella parte d’Italia ricca e serena, gagliarda e tosta, vivace e tenace, come fu descritta da Giovannino Guareschi, della malavita guarda caso si trovano “a sinistra” ma il piemme come ribadiva Totòsi getta a destra” e nella “folle corsa” rincorre innocenti affibbiandogli “chiacchiere e pinzillacchere” trasformandole in accuse e rinvii a giudizio…

Attenzione – please – qui non stiamo narrando di un episodio tratto dalle vicende intercorse tra il sindaco Peppone e il “parrino” Don Camillo… il fondatore e direttore de “Il Candido” avrebbe avuto ben ragione di ricorrere oltre che al manganello della satira pure ai pennelli per illustrare fattarelli dai contorni allucinanti, se si pensa che a tirare le fila di questo racconto è un personaggio a cui lo Stato ha assegnato il delicato compito di indagare e giudicare sulla base di elementi raccolti dai suoi collaboratori (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, etc. etc.) se sia il caso o meno di rinviare a giudizio un cittadino che (sempre per gli articoli della Costituzione) è da ritenersi comunque innocente sino alla condanna di terzo grado

Per farla breve (e anche perché è meglio apprendere gli argomenti direttamente dalla gentil prosa dell’autore) in COLPO AL SISTEMA il lettore ritroverà argomenti che nell’Italia degli scandali hanno mietuto vittime come l’ex giudice Luca Palamara. Le chat dell’ex presidente dell’ANM col piemme Mescolini vengono intercettate e rappresentano una delle tante prove raccolte da Giovanni Paolo Bernini che non solo ottiene due assoluzioni nei processi che lo hanno visto protagonista, ma le utilizza per la semplice ragione che “la miglior difesa è l’attacco”.

E allora, riga dopo riga, pagina, dopo pagina, capitolo dopo capitolo, testimonianza dopo testimonianza, Bernini individua le menzogne su cui qualcuno cerca di costruire lo sviluppo della sua successiva carriera. L’ex presidente del consiglio comunale parmense recupera le tessere che compongo il puzzle, prima nebuloso e poi sempre più cristallino, incastra le tessere e infine indica i responsabili del cattivo utilizzo dei mezzi e delle risorse che avrebbero dovuto essere impiegate per intercettare i responsabili collusi con la criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetistico.

Insomma si decide di perseguire innocenti, si sceglie di aiutare gli amici del partito e si garantisce lo sconto dell’impunità a chi delinque realmente.

Alla faccia del bicarbonato di sodio” avrebbe esclamato il principe Antonio de Curtis… ma tale battuta non si trova nel “copione” della vicenda di “COLPO AL SISTEMA” … A Parma purtroppo lo “status quo” che ha consentito alla funzione inquirente della magistratura di agitare la “presunta colpevolezza” con accuse, poi rivelatesi prive di ogni fondamento ha leso i diritti dei cittadini innocenti come è successo per Bernini, di poter svolgere legittimamente il ruolo e l’attività poltica.

Il “caso Tortora“, che avrebbe dovuto rappresentare lo spartiaque tra “l’errore giudiziario“, il ricorso alla delazione dei “pentiti” e dei “sedicenti collaboratori“, (ex delinquenti incalliti riciclati in distributori automatici di frottole smentite in aula, a colpi di controinterrogatorio) intercettazioni trascritte a dir poco in termini confusi ed interpretabili con il trucco dell’equivoco, e il “vizietto” di non voler indagare anche “a sinistra” hanno di fatto minato la credibilità sulle inchieste contro la ‘ndrangheta.

 “Colpo al Sistema”, quindi è, per certi versi, il “sequel” di “Storie di ordinaria ingiustizia” e riparte dalla sentenza che riconosce gli errori del “pm” estendendosi sino alle recenti esplosive dichiarazioni su ciò che realmente accadde, in ambito dell’inchiesta “Aemilia”.

L’autore ha indossato le vesti del detective indagando verso chi gli era corso appresso, per evitare di percorrere la pista che l’avrebbe condotto ai veri intrallazzatori… e che l’avrebbe magari esposto a perdere l’amicizia del partito a cui “lor signori” erano iscritti… E che cosa scopre Bernini? Che il magistrato che voleva incastrarlo si era rivolto all’allora collega Palamara perché gli venisse assegnata la sede prescelta; Bernini, – “elementare Watson” -rivela che l’inquirente si era fatto raccomandare da qualcuno parecchio vicino al PD… Quattro sostituti procuratori (giovani promettenti dottoresse degne della toga indossata), segnalando i comportamenti sospetti al CSM, ottengono che il giudice, me-scolante le indagini alle personali aspirazioni, subisca il trasferimento immediato (e gli è andata di lusso) ad altra sede con l’obbrobriosa motivazione della manifesta “incompatibilità ambientale“… Nel frattempo i veri colpevoli della “connection” tra politica emiliana e malavita organizzata son riusciti a farla franca: mentre s’è persa l’occasione di ripulire l’Emilia dall’opprimente e ramificata presenza della ‘ndrangheta calabrese,

La vita di Bernini, a partire dai terribili momenti in cui apprende, dagli schermi della tv, di ritrovarsi negli scomodi panni dell’ “indagato” mentre, a Roma, cena in trattoria è cambiata, però è proprio da quegli istanti che ha riesumato il coraggio, la voglia, la forza di combattere, per affermare come non tutti i cittadini italiani siano disposti ad accettare supinamente gli errori di chi dovrebbe amministrare la Giustizia, tenendo da parte i personali preconcetti ideologici.

Forse altri avrebbero pensato a ricostruire la carriera politica interrotta, si sarebbero dedicati a rabberciare la professione spezzata, lui, invece, ha ritenuto di impiegare tempo e risorse per scendere in campo, quello dell’onore e della verità, e combattere, in prima persona, solo contro tutti, il malcostume, made in Italy, che risponde alla mancata “responsabilità civile del magistrato che sbaglia” o peggio che sbaglia consapevole di sbagliare per fini politici a difesa del partito in cui si riconosce.

Ecco perché ci è sembrato giusto proporre il famoso detto: “Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare“.Se qualcuno ha “giocato” minando la serena, pulita, onesta, vita di Giovanni Paolo Bernini, ora che lui è sceso in campo sarà difficile celare la verità e non saranno pochi quelli che inizieranno a tremare quando e se dovesse partire la prevista Commissione d’Inchiesta Parlamentare.

Sulla scia di quanto sta emergendo nello scandalo Lega-Espresso il “carroccio” ha preannunciato un esposto in Procura. Il partito del segretario Matteo Salvini ha parlato apertamente di «uno scandalo» e di una «macchinazione che ha inquinato la nostra democrazia e il dibattito pubblico». e che ora merita «interventi chiari dalla politica, dalla magistratura, dall’ordine dei giornalisti e dai commentatori che per anni hanno rovesciato fango». Secondo la Lega si sarebbe trattato di «una macchinazione costruita a tavolino per colpire il partito e il leader Matteo Salvini (ai tempi vicepremier e ministro dell’Interno) alla vigilia delle ultime elezioni Europee» e, sempre secondo il comunicato del “carroccio” «ici sarebbe stato lo zampino del direttore dell’Espresso Marco Damilano poi promosso in Rai dalla sinistra»: «Queste rivelazioni – conclude la Lega – offrono nuovi spunti che, ne siamo certi, saranno di grande interesse giudiziario».

La tecnica della menzogna, della calunnia, del ricorso alle “fake news” nello scontro politico è un argomento che prima o poi dovrà essere trattato anche dal Parlamento. Giovanni Paolo Bernini, con il suo “COLPO AL SISTEMA” ospitato nella Sala Stampa di Montecitorio, ha posto – da oggi – la prima pietra sulla costruzione del percorso, alla “benedizione” della quale non ha voluto mancare il presidente di Forza Italia on. Silvio Berlusconi che sarà presente con un suo messaggio augurale!

Riccardo Colao             

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