Friday, April 19, 2024
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Uncem: la mappa del rischio sismico e idrogeologico per scongiurare tragedie come quella di Ischia

Il tema della pericolosità sismica e della sua prevenzione, così come la questione del dissesto idrogeologico, hanno costituito all’interno delle precedenti edizioni del presente Rapporto, riferimenti e prospettive costanti nella lettura della realtà dei territori montani. Al pari di quanto avviene per i servizi ecosistemici, la prevenzione del dissesto idrogeologico chiama direttamente in causa i territori montani, sia per la più elevata rischiosità degli stessi sia per i negativi e!etti che la mancata manutenzione – e
quindi prevenzione -, può determinare anche sui cosiddetti territori di pianura (si pensi, ad esempio, al tema delle esondazioni dei “umi causate dalla mancata pulizia degli alvei o da inappropriati insediamenti dell’uomo).


di Ivan Trigona per il Quotidiano l’Italiano

ROMA – UNCEM (L’Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani) che è un’organizzazione nazionale presente in ogni regione italiana, e raduna e rappresenta i comuni montani e le comunità montane, oltre ad associare province, consorzi, camere di commercio e altre entità operanti in montagna ha elaborato uno studio particolarmente interessante ed attuale titolato come: La mappa del rischio sismico e idrogeologico. L’occasione della tragedia di Ischia ove una intera montagna è franta sull’abitato apre scenari terribili che vorremmo potessero evitarsi in tempo. Lo studio ci è sembrato particolarmente accurato e degno di essere diffuso largamente. Ne anticipiamo un pezzo certi di fare cosa gradita ai nostri tantissimi lettori che seguono le vicende italiane in patria e all’estero.
Il tema della pericolosità sismica e della sua prevenzione, così come la questione del dissesto idrogeologico, hanno costituito all’interno delle precedenti edizioni del presente Rapporto, riferimenti e prospettive costanti nella lettura della realtà dei territori montani. Al pari di quanto avviene per i servizi ecosistemici, la prevenzione del dissesto idrogeologico chiama direttamente in causa i territori montani, sia per la più elevata rischiosità degli stessi sia per i negativi e!etti che la mancata manutenzione – e
quindi prevenzione -, può determinare anche sui cosiddetti territori di pianura (si pensi, ad esempio, al tema delle esondazioni dei “umi causate dalla mancata pulizia degli alvei o da inappropriati insediamenti dell’uomo).
Anche per questa ragione – al di là delle forti sollecitazioni legate ad una quotidianità sempre più investita da eventi sismici e dirompenti fenomeni climatici legati al surriscaldamento globale ed alla dibattuta “tropicalizzazione” del nostro Pese -, è apparso necessario dedicare un approfondimento speci”co del Rapporto sulle montagne italiane al tema del rischio sismico e idrogeologico, inquadrando cioè la montagna nella prospettiva della sua fragilità.
Tale analisi, che muove dalla mappatura dei comuni italiani in base alle diverse tipologie di rischio cui i rispettivi
territori risultano esposti, prevede una ricostruzione dei più signi”cativi eventi sismici, franosi e alluvionali degli ultimi decenni e delle conseguenze da questi generati in termini di costi umani, sociali ed economici.
A tale riguardo, limitatamente alle conseguenze di natura economica, emerge “n
dalle prime osservazioni come il valore stimato dei danni prodotti risulti sempre
molto superiore al costo potenzialmente necessario per avviare un’attività di prevenzione e/o riquali”cazione del territorio, anche su larga scala, con interventi diffusi sul patrimonio ambientale e sugli edi”ci nelle aree a rischio: un risultato, questo,
che ancora una volta richiama ad una responsabilità del sistema politico-ammnistrativo centrale e locale, a#nché ponga de”nitivamente al centro delle proprie
agende di governo il tema della prevenzione e della riquali”cazione come priorità
per la salvaguardia dei cittadini e dei territori.
La pericolosità sismica
La ricorrenza con cui si manifestano eventi sismici nel nostro Paese è ascrivibile alla specificità del territorio italiano, caratterizzato da catene montuose geologicamente “giovani” che hanno originato enormi sistemi di faglie che attraversano trasversalmente la nostra penisola: ed è proprio in corrispondenza di queste faglie che hanno avuto origine i terremoti più distruttivi della storia italiana.
In considerazione di ciò, e attraverso le so”sticate strumentazioni moderne, l’Istituto Nazionale di Geo”sica e Vulcanologia (Ingv) nel 2006 ha realizzato e messo a disposizione dei tutti i potenziali stakeholders una mappa nazionale del rischio sismico che, oltre a restituire una importante visione d’insieme del territorio italiano, associa a ciascuno dei comuni italiani uno speci”co grado di pericolosità, cui dovrebbero idealmente corrispondere idonee misure e vincoli in termini di criteri costruttivi, di prevenzione e di riquali”cazione.
Considerando, infatti, che ad oggi è impossibile prevedere con certezza il luogo esatto, l’intensità e soprattutto il momento in cui si veri”cherà un evento sismico,
l’unica e!ettiva risposta – in termini di prevenzione e/o contenimento del rischio – è
rappresentata da una politica di adeguamento infrastrutturale che consenta di garantire l’incolumità dei cittadini e la salvaguardia del territorio al manifestarsi di un
determinato evento sismico. Non è infatti possibile ignorare, anche in riferimento
agli eventi più recenti, come terremoti di intensità anche contenuta abbiano generato distruzione e perdite umane in larga misura derivanti dallo scarso rigore nei controlli e nei rilascio di permessi di costruzione, oltre che da un patrimonio edilizio edificato nei decenni passati e mai riquali”cato sulla base degli attuali parametri e/o normative antisismiche.
Nello speci”co, secondo l’articolazione proposta dall’Ingv il territorio italiano risulta classi”cato in 4 di!erenti aree di sismicità, secondo la tavola di seguito riportata:

Tabella 1 – Classi”cazione dei comuni italiani in base al livello di pericolosità sismica | Nome zona,
tipo di sismicità, comuni compresi e caratteristiche dei possibili terremoti
Zona Sismicità Comuni Caratteristiche
1 Alta 705 Possono veri”carsi fortissimi terremoti (aree più pericolose)
2 Medio-alta 2.197 Possono veri”carsi forti terremoti
3 Medio-bassa 2.858 Possono veri”carsi forti terremoti ma rari
4 Bassa 2.238 Possono veri”carsi terremoti di intensità molto modesta e comunque rari (è l’area meno pericolosa)
Fonte: Elaborazioni Eures – Fondazione Montagne Italia su dati Protezione Civile e Istat
Entrando nel merito delle singole aree, occorre in primo luogo evidenziare come
alla zona “a sismicità alta” appartenga il numero di comuni inferiore, pari a 705, ovvero l’8,8% del totale dei comuni italiani, mentre percentuali signi”cativamente più consistenti si osservano per la zona 2, quella “a sismicità medio-alta”, cui appartengono 2.197 comuni (il 27,5% del totale). Complessivamente, dunque, nel nostro Paese i comuni a sismicità alta e medio-alta, in cui sono cioè possibili forti o fortissimi
terremoti, sono 2.902, rappresentando oltre un terzo (il 36,3%) del totale dei comuni italiani.

Sul fronte opposto, i comuni a sismicità bassa – dove cioè la possibilità che si
verifichi un terremoto è remota e comunque di modesta intensità – rappresentano
la categoria più numerosa, pari al 35,7% del totale (2.858 centri abitati in valori assoluti), mentre un comune su quattro si caratterizza per una sismicità medio-bassa (2.238 comuni, pari al 28% del totale).
Approfondendo tale analisi per tipologia dei comuni, si evidenzia come siano i territori montani a presentare un livello di sismicità più elevato: il 60,9% dei comuni collocati nella zona 1 risulta infatti montano (429 in termini assoluti), e di questi un’ampia percentuale appartiene alla catena appenninica (402 comuni, pari al 57% di quelli ad alto rischio sismico).
Analizzando l’articolazione interna alle altre 3 zone sismiche, si rileva inoltre come la presenza dei comuni montani diminuisca al ridursi del livello di pericolosità sismica,
scendendo al 47,6% tra quelli della zona 2 (sismicità medio-alta), al 38,8% nella zona
3 (sismicità medio bassa) ed al 39,6% nella zona a sismicità bassa. Si ricorda, a tale
riguardo, come ampiamente analizzato nei capitoli precedenti, che sono 3.471 i comuni classi”cati come montani, pari al 43,4% del totale dei comuni italiani, a fronte
di 4.527 comuni “non montani (il 56,6% del totale).
Anche la distribuzione dei comuni per contesto macroregionale e tipologia di esposizione alla pericolosità sismica fornisce interessanti risultati, evidenziando come tra i comuni montani quelli dell’Arco alpino risultino i meno a rischio, essendo il 91,3% di essi classi”cato nelle fasce 3 o 4 (nel dettaglio, il 53,8% si colloca nella fascia 3 e il 37,5% nella fascia 4); a seguire, anche tra i comuni dell’Appennino settentrionale si rileva un’elevata percentuale di territori a sismicità medio-bassa e bassa, pari rispettivamente al 48,5% e al 21,6% del totale.
Sul fronte opposto, la percentuale di comuni ad elevata pericolosità sismica cresce sensibilmente osservando i risultati relativi all’Appennino centrale e meridionale,
dove la quota di territori a!erenti alle zone 1 e 2 si attesta rispettivamente all’87,8%
e al 94,2%, raggiungendo il 100% tra i comuni montani della Sicilia. Si segnala invece, sul fronte opposto, il caso della Sardegna, dove l’eventualità di eventi sismici risulta assai remota, in quanto la totalità dei comuni montani si colloca nella zona 4.
Tabella 2 – I comuni italiani classi”cati per livello di pericolosità sismica e montanità del comune.
Valori assoluti e %
Zona 1 Sismicità alta
Zona 2 Sismicità medio-alta
Zona 3 Sismicità medio-bassa
Zona 4 Sismicità bassa
Totale
Valori assoluti
Comuni non montani 276 1.152 1.748 1.351 4.527
Comuni montani 429 1.045 1.110 887 3.471
Arco alpino 25 109 829 579 1.542
Appennino settentrionale 0 113 184 82 379
Appennino centrale 131 374 59 11 575
Appennino meridionale 271 349 38 0 658
Montagna siciliana 2 100 0 0 102
Montagna sarda 0 0 0 215 215
Totale comuni 705 2.197 2.858 2.238 7.998
Percentuali di colonna
Comuni non montani 39,1 52,4 61,2 60,4 56,6
Comuni montani 60,9 47,6 38,8 39,6 43,4
Arco alpino 3,5 5,0 29,0 25,9 19,3
Appennino settentrionale 0,0 5,1 6,4 3,7 4,7
Appennino centrale 18,6 17,0 2,1 0,5 7,2
Appennino meridionale 38,4 15,9 1,3 0,0 8,2
Montagna siciliana 0,3 4,6 0,0 0,0 1,3
Montagna sarda 0,0 0,0 0,0 9,6 2,7
Totale comuni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Percentuali di riga
Comuni non montani 6,1 25,4 38,6 29,8 100,0
Comuni montani 12,4 30,1 32,0 25,6 100,0
Arco alpino 1,6 7,1 53,8 37,5 100,0
Appennino settentrionale 0,0 29,8 48,5 21,6 100,0
Appennino centrale 22,8 65,0 10,3 1,9 100,0
Appennino meridionale 41,2 53,0 5,8 0,0 100,0
Montagna siciliana 2,0 98,0 0,0 0,0 100,0
Montagna sarda 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0
Totale comuni 8,8 27,5 35,7 28,0 100,0
Fonte: Elaborazioni Eures – Fondazione Montagne Italia su dati Protezione Civile e Istat
Confrontando tali risultati con i dati relativi alla popolazione residente si evidenzia
come le zone a sismicità alta e medio-alta siano caratterizzate da una consistente presenza abitativa: complessivamente, infatti, il 41,3 % della popolazione risiede nelle zone sismiche 1 e 2 (nello specifico, tali percentuali si attestano al 4,7% per la zona 1 e al 36,6% per la zona 2); si tratta, in termini assoluti, di quasi 25 milioni di abitanti, di cui 2,9 milioni residenti nei comuni a sismicità elevata e 22,2 milioni in
quelli a sismicità medio-alta.
Relativamente alla variabile “montanità”, il 38,2% della popolazione a!erente alla zona 1, quella a più alta sismicità, risiede in comune classi”cato come montano (1,1 milioni di residenti in valori assoluti), mentre il 61,8% (quasi 1,8 milioni di abitanti), abita in un comune “di pianura”.
Tabella 3 – La popolazione italiana per livello di pericolosità sismica e montanità del comune. Valori
assoluti e %
Zona 1 Sismicità alta
Zona 2 Sismicità medio-alta
Zona 3 Sismicità medio-bassa
Zona 4 Sismicità bassa
Totale Valori assoluti
Comuni non montani 1.760.442 19.196.777 20.464.629 10.304.412 51.726.260
Comuni montani 1.090.411 2.964.160 2.589.675 2.218.939 8.863.185
Arco alpino 40.885 326.032 1.911.933 1.278.855 3.557.705
Appennino settentrionale – 409.938 403.366 88.514 901.818
Appennino centrale 329.084 1.007.328 175.660 45.551 1.557.623
Appennino meridionale 718.463 831.435 98.716 – 1.648.614
Montagna siciliana 1.979 389.427 – – 391.406
Montagna sarda – – – 806.019 806.019
Totale comuni 2.850.853 22.160.937 23.054.304 12.523.351 60.589.445
Percentuali di colonna
Comuni non montani 61,8 86,6 88,8 82,3 85,4
Comuni montani 38,2 13,4 11,2 17,7 14,6
Arco alpino 1,4 1,5 8,3 10,2 5,9
Appennino settentrionale 0,0 1,8 1,7 0,7 1,5
Appennino centrale 11,5 4,5 0,8 0,4 2,6
Appennino meridionale 25,2 3,8 0,4 0,0 2,7
Montagna siciliana 0,1 1,8 0,0 0,0 0,6
Montagna sarda 0,0 0,0 0,0 6,4 1,3
Totale comuni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Percentuali di riga
Comuni non montani 3,4 37,1 39,6 19,9 100,0
Comuni montani 12,3 33,4 29,2 25,0 100,0
Arco alpino 1,1 9,2 53,7 35,9 100,0
Appennino settentrionale 0,0 45,5 44,7 9,8 100,0
Appennino centrale 21,1 64,7 11,3 2,9 100,0
Appennino meridionale 43,6 50,4 6,0 0,0 100,0
Montagna siciliana 0,5 99,5 0,0 0,0 100,0
Montagna sarda 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0
Totale comuni 4,7 36,6 38,1 20,7 100,0
Fonte: Elaborazioni Eures – Fondazione Montagne Italia su dati Protezione Civile e Istat
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Nei comuni montani, la maggiore presenza abitativa si rileva lungo la catena appenninica, dove i residenti nelle aree ad alta pericolosità sismica sono oltre 1 milione,
concentrati in particolare nell’Appennino meridionale, dove oltre 700 mila abitanti, pari al 43,6% della popolazione totale dell’area, vivono tale condizione di rischio.
Relativamente alle altre 3 zone, i cittadini residenti nei comuni montani rappresentano rispettivamente il 33,4% dei residenti totali nelle aree a sismicità medio-alta (3 milioni di abitanti in termini assoluti), il 29,2% nelle aree a sismicità medio-bassa (2,6 milioni di abitanti) e il 25% nelle aree a sismicità bassa (2,2 milioni di residenti).
Disaggregando i dati su scala regionale è inoltre possibile osservare come la percentuale di comuni montani ad elevata pericolosità sismica (zone 1 e 2) risulti sensibilmente più alta in quelle centro-meridionali rispetto al Nord: al Sud, infatti, il 77,7% dei comuni montani aderisce alle zone sismiche 1 e 2, scendendo tale percentuale all’86% nelle regioni centrali e “appena” al 9,4% in quelle del Nord (la media
nazionale è pari al 42,5%).
Più in dettaglio, in Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Marche tutti i comuni montani sono classficati nelle zone 1 e 2, mentre in Liguria, Valle d’Aosta, Piemonte, Trentino
Alto Adige e Sardegna nessun comune montano è considerato a sismicità alta o medio-alta.
Tale caratterizzazione territoriale trova riscontro anche confrontando i dati relativi alla popolazione residente nei comuni montani a pericolosità sismica alta o molto alta: nel Centro Italia, infatti, l’85,6% dei residenti dei comuni montani vive in territori “a rischio” aderenti alle zone 1 e 2 (si tratta di oltre 1,3 milioni di unità in valori assoluti), mentre al Sud tale percentuale si attesta al 70,9% (oltre 2,2 milioni di cittadini), a fronte di valori significativamente più contenuti per le regioni del Nord, dove i residenti nei comuni a pericolosità sismica alta o medio-alta rappresentano “appena” l’11,7% del totale degli abitanti dei territori montani (485 mila unità in termini assoluti).
I risultati che seguono forniscono alcuni spunti di riflessione in merito al rapporto tra l’ampiezza demografica dei comuni e la classificazione per livello di pericolosità sismica: non si rileva infatti una minore presenza abitativa nei comuni a sismicità alta e medio-alta rispetto agli altri territori, nonostante il fatto che eventi sismici di significativa portata tendono a ripresentarsi ciclicamente in determinate aree (si
pensi, ad esempio, all’area Appenninica abruzzese e dell’alto Lazio).

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