Friday, April 26, 2024
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Calabria. A tre anni dal suo arresto, l’avv. Giancarlo Pittelli si è visto accogliere dal tribunale di Vibo una nuova istanza di scarcerazione presentata dai suoi difensori

Il dott. Enrico Seta, coordinatore del Comitato “Appello per Pittelli” che si è battuto assieme a tutti gli iscritti perché venisse riconosciuta ‘assoluta estraneità ai fatti contestati all’ex parlamentare era stato lapidario: “Siamo rimasti in attesa – fiduciosi nell’operato della magistratura giudicante – dello sviluppo degli eventi. Abbiamo sempre sostenuto che la Procura sarebbe stata costretta a trovare rapidamente NUOVE prove dei comportamenti di Pittelli paragonabili a quelli citati dalla Cassazione (o di altri altrettanto gravi: femminicidi, partecipazione a bande terroristiche, traffico di essersi umani, ecc.) per poterlo continuare a tenere in carcere… In mancanza lui avrebbe dovuto essere rimesso in libertà. E così è stato”.


L’editoriale di Riccardo Colao

ROMA – La notizia arriva direttamente dalla fonte. E’ la segreteria del Comitato che si batte e promuove “L’Appello per Giancarlo Pittelli a darcela in anteprima. E leggiamo il comunicato, con una certa trepidazione mentre i telefoni dei colleghi di agenzia squillano per ottenere conferma a quella che potrebbe essere la classica “bufala” o “polpetta avvelenata.”. Ma è tutto rigorosamente autentico dalla prima all’ultima riga.

Oggi, esattamente a tre anni dal suo arresto, Giancarlo Pittelli si è visto accogliere dal tribunale di Vibo una nuova istanza di scarcerazione presentata pochi giorni fa dai suoi difensori. Il Tribunale ha evidentemente riconosciuto la insussistenza di motivi giustificativi della misura cautelare di Pittelli all’interno del processo Rinascita Scott. La difesa chiederà l’adeguamento a questa nuova valutazione dei giudici anche per l’inchiesta “Malapigna”, il secondo processo al quale Giancarlo Pittelli è ancora sottoposto. Il Comitato che ha promosso l’Appello per Giancarlo Pittelli esprime grande felicità e apprezzamento per una decisione di giustizia attesa da tempo“.
E chi, come noi si era dimostrato scettico e incredulo alle accuse piovute sulle spalle del penalista, spacciato quale “consigliori” della ‘ndrangheta operante nelle provincie vibonesi e crotonesi, leggeva quelle righe non poteva provare soddisfazione per aver preso, a tre anni dal suo arresto, le distanze dalle veline prodotte alla stampa amica della “fonte procura” mantenendo legittime posizioni di assoluta garanzia nei riguardi dei provvedimenti eccessivi e lesivi della libertà costituzionale del cittadino Pittelli.

La tesi di un Giancarlo Pittelli affiliato e prono agli ordini della ‘ndrangheta presenta le evidenti crepe che preannunciano il crollo del castello accusatorio. Rimane solida, invece, la convinzione che il processo nei suoi riguardi sia stato stravolto da logica inquisitoria e non probatoria senza confini (se non quelli delle mere ipotesi) che ha portato via all’uomo Pittelli tre anni di vita fisica, professionale, familiare. Trentasei mesi trascorsi tra arresti in carceri duri e detenzione domiciliare. Sputtanamenti quotidiani su organi di stampa proni ai fornitori di informazioni gasate e poco veritiere, accuse di pentiti e di altri indagati che hanno fatto a gara nel “mascariare” il professionista.

Ora che la notizia è stata resa ufficiale, ora che l’istanza di scarcerazione di Giancarlo Pittelli è stata accolta oltre che dalla Cassazione anche dal Tribunale di Vibo Valentia, per il penalista si schiude quello spiraglio che, tutti i firmatari dell’Appello in sua difesa, ritenevamo potesse rappresentare la via per la sua riabilitazione.

Lo abbiamo sempre sostenuto, anche quando il cielo plumbeo e le nubi generatrici di fulmini parevano dover offuscare la stella dell’ex senatore: Giancarlo Pittelli non è colpevole dei reati a lui contestati (non c’é mai stato un pronunciamento in tal senso) e che sono stati via via eliminati ma persino la “Partecipazione esterna ad associazione mafiosa” ora si profila all’orizzonte come qualcosa che non è mai esistita se non nelle congetture, nelle ipotesi, nella costruzione eccessivamente ipotetica della pubblica accusa probabilmente accecata dal bisogno di trovare a tutti i costi un colpevole eccellente.

Accusato di aver favorito le cosche della ‘ndrangheta operante nelle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, rivelando agli adepti “segreti” (informazioni già note e ampiamente diramate persino sulle colonne dei quotidiani) non merita di essere trattenuto agli arresti

Dopo la sentenza emessa dai Giudici della Suprema Corte di Cassazione, ora il Tribunale di Vibo accoglie le motivazioni: rilevamento della scarsa diligenza dei giudici catanzaresi; rinvio per riesame di tutta la questione; invito a considerare che un avvocato difensore non può essere considerato “concorrente esterno” dei suoi clienti sol perché si scambi valutazioni e informazioni lecitamente acquisite. Deve esserci ben altra commistione.

Nella sostanza i giudici di Vibo hanno sposato la tesi degli “ermellini”: “Avete elementi di una certa rilevanza? Se non li possedete questo signore dovete scarcerarlo e non potete trattenerlo in prigione (sia essa Galera o Domiciliare)“.

Il dott. Enrico Seta, coordinatore del Comitato “Appello per Pittelli” che si è battuto, assieme a tutti i simpatizzanti e i firmatari, perché venisse riconosciuta ‘assoluta estraneità ai fatti contestati all’ex parlamentare è stato lapidario: “Siamo rimasti in attesa – fiduciosi nell’operato della magistratura giudicante – dello sviluppo degli eventi. Abbiamo sempre sostenuto che la Procura sarebbe stata costretta a trovare rapidamente NUOVE prove dei comportamenti di Pittelli paragonabili a quelli citati dalla Cassazione (o di altri altrettanto gravi: femminicidi, partecipazione a bande terroristiche, traffico di essersi umani, ecc.) per poterlo continuare a tenere in carcere… In mancanza lui avrebbe dovuto essere rimesso in libertà. E così è stato”.

Era quello che da garantisti auspicavamo. E’ ciò che ora è diventata realtà. Giancarlo Pittelli può, da oggi, difendersi come uomo libero, in tutte le sedi ufficiali, per dimostrare la propria innocenza!.

Resta ancora da stabilire chi dovrà pagare per tutto il dolore che gli è stato inflitto e chi dovrà risarcirlo per i 36 mesi di “galera” scontati gratuitamente e sottratti alla sua vita, alla sua famiglia, ai suoi affetti e diciamolo pure anche ai suoi tanti amici che lo abbracciano anche da queste colonne, lieti che abbia riacquistato il dono più prezioso: la libertà!

Riccardo Colao

testatina

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