Friday, April 26, 2024
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Gennaro Gattuso, tutta una vita da Braveheart

                       di Benvenuto Caminiti (Corrispondenza da Palermo) Ho visto il Napoli di Gattuso strapazzare di bel gioco e di gol…

By L'Italiano , in Sport , at 24 Aprile 2021 Tag: , , , , , ,

                       di Benvenuto Caminiti (Corrispondenza da Palermo)

Ho visto il Napoli di Gattuso strapazzare di bel gioco e di gol la Lazio di Inzaghi e mi son chiesto: “Come può De Laurentiis mettere in discussione un allenatore come lui?”.

E la risposta, immediata, è stata la seguente: “Perché nel mondo del calcio, metafora della vita, la meritocrazia è diventato un concetto quasi pleonastico”.

Ed anche perché nel calcio si guarda solo ai gol, che fai o eviti, cioè al giocatore e quasi mai all’uomo. E, nel caso di Gattuso, l’uomo ha poco o nulla da invidiare al calciatore: calabrese di Corigliano Calabro, classe 1978, segno zodiacale capricorno, famiglia d’origine di umili pescatori, Gennaro si è fatto da sé, partendo non da zero ma da sottozero.

A  sedici anni gioca già in serie B nel Perugia e mostra subito in campo la sua grinta indomabile pur al cospetto di avversari ben più scafati di lui, che cercano di metterlo sotto a furia di calcioni, spallate e… parolacce. Ma lui se ne infischia e, se c’è da restituire i colpi li restituisce con gli interessi. Insomma, dimostra subito che nel calcio, come nella vita, se vuoi ottenere qualcosa devi andare a prendertela con le tue mani.

Da Perugia scappa via di notte perché qualcuno gli ha soffiato in un orecchio che ai Rangers di Glasgow, soprattutto nei derby contro il Celtic, serve un guerriero come lui al centro del campo e, quindi, del gioco..

E lui, appena diciannovenne, si presenta con la sua impudenza che può sembrare protervia ed è invece la sua voglia matta di giocare e vincere, e subito diventa titolare inamovibile e gli bastano un paio di partite per guadagnarsi il  soprannome di Braveheart.

E così, che due anni dopo, la Salernitana investe su questo ventenne tutto corse e rincorse quasi un miliardo, e qualcuno in società prende per matto il presidente granata dei tempi. E invece, l’investimento si dimostra subito lucroso perché il Milan spende una barca di soldi per averlo e la sua è una scelta “per sempre”. Gattuso diventa presto il cuore pulsante del Milan e per tredici anni una delle sue bandiere storiche, al pari dei grandi del recente passato, parlo del Milan stellare di Sacchi con il trio olandese e la difesa più forte del mondo (Tassotti, Costacurta, Baresi, Maldini).

Basta un episodio, fra i tanti, per spiegare di che tempra è fatto l’uomo: agli ottavi della Champions 2010/2011, il Milan ha di fronte il Tottenham dell’ex centravanti rossonero, Joe Jordan, un gigante di quasi un  metro e novanta, che ad un certo punto entra in campo e si avventa contro Gattuso, che aveva appena appiedato un suo giocatore…  E si assiste a questa scena: il gigante che urla furioso agitando braccia e testa e il “nanoGattuso che, invece di tenersi a debita distanza, gli si fa sotto, restituisce le parolacce e con un saltello appoggia la sua testolina contro il testone di Jordan. Che, pur sovrastandolo in  peso e altezza, incredibilmente arretra: perché il coraggio non lo ricevi in dono dalla stazza che ti porti appresso ma dalla testa e dal cuore.

Dicevo: come si fa a mettere sotto pressione un allenatore come Gattuso che ha il coraggio di subentrare ad un mito come Ancelotti (che definisce da sempre  “Il mio maestro”) e riscrive di sana pianta schemi e regole del gioco della sua squadra?

Se non è coraggio (e personalità), tutto questo, ditemi voi cos’è?

Certo, all’inizio, come sempre  nei cambiamenti radicali,  si verifica un inevitabile impasse ma se l’allenatore è bravo e le sue idee di calcio sono buone e, soprattutto, il suo rapporto con  la squadra è forte, i risultati prima o pi arrivano. E col Napoli sono arrivati, se è vero che il suo Napoli conquista subito la Coppa Italia, in finale contro l’Inter, e quest’anno è in piena corsa Champion.

Eppure il suo presidente da mesi lo mette in  croce, gli fa balenare l’ipotesi rinnovo del contratto per poi tirarsi indietro alla prima sconfitta.

Ieri l’altro, però, contro la Lazio, il Napoli è così bello e struggente che il suo presidente si rimangia tutto e ricomincia a tessere le lodi di Gattuso. Che ha ormai imparato con chi ha a che fare – Ancelotti, buon ultimo, docet – e nicchia, godendosi l’abbraccio collettivo della squadra a fine partita e commuovendosi per le lacrime copiose che rigano il volto di Mertens, subito dopo il suo gol stellare: shoot di destro all’incrocio dei pali su assist al bacio di Szilinsky.

Per chiudere, un ultimo, personale ricordo di Gattuso: nel 2013 Zamparini lo chiama al Palermo, appena retrocesso in serie B ma gli concede solo sei partite (che non vanno molto bene) e brutalmente lo licenzia. Ebbene, Gattuso, senza accampare scuse rimostranze di sorta, dice: “Ringrazio il presidente per l’occasione che mi ha dato ma che io non ho saputo sfruttare!”.

Benvenuto Caminiti

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